Strano virus il pensiero


editore: La Vita Felice
collana: Contemporanea n.96
pagine: 72
pubblicazione: 2016
ISBN/EAN: 9788877997838

PRESENTAZIONE

Vivere significa riflettere, interrogarsi, senza chiudersi allo stupore, alla meraviglia. E Lidia Sella, ancora una volta, lo fa anche per noi. Il mistero del creato, la palude del quotidiano, il demone proteiforme dell’amore generano in lei un pensiero che non accetta sistemi né definizioni, germina e ramifica in autonomia. Con ironia, e coraggio, il suo sguardo si posa sui fondamenti dell’essere (Spaziotempo, Naturacoscienza, Casodestino…). E sbriciola le sbarre della nostra prigione. Tra le maglie di questo percorso, in una successione di labirinti e lampi sull’abisso, è la parola a segnare il cammino. Una parola anche poetica, che coniuga filosofia e scienza e, mentre indaga fra le pieghe del reale o fluttua nel pulviscolo dell’immaginario, scopre insolite prospettive, raccoglie nuovi grani di significato.

POSTFAZIONE

«Monoteismo, monogamia: monotonia della monomania» dice Lidia Sella nelle pagine di questo volume dedicate a Religionespiritualità. Evidentemente, anche lei non ama quella che Adonis, il grande poeta del mondo arabo contemporaneo, chiama «visione monocromatica del mondo» (vedi, per esempio, il suo Violenza e Islam. Conversazioni con Houria Abdelouahed, Guanda, Milano 2015). Una personale “religione del dubbio” spinge Lidia a riscoprire l’intrinseca pluralità della condizione umana: un caleidoscopio che coraggiosamente resiste all’incubo di qualsiasi monomania. Del resto, in un altro suo libro ha scritto: «Orme latine/ nella radice lib?/ Libido, libagione,/ nessun piacere/ senza libertà» (La figlia di Ar, La Vita Felice, Milano 2011).

Nel titolo di questa sua nuova fatica colgo un’eco delle provocatorie idee di Richard Dawkins circa il ruolo dei “memi” che costituiscono le unità base della cultura, come lo sono i geni per il vivente. Il virus del pensiero contagia le menti più diverse, generando differenze e complessità, ed è così che ci salva dalla monotonia.

La forte laicità che scaturisce dal ragionamento poetico di Lidia Sella non mira, però, alla sterile contrapposizione tra libero pensiero e religione istituzionalizzata; piuttosto, lei potrebbe far sua quell’altra battuta di Adonis per cui «la religione non è una identità». Nessuna religione. E se si assume tale atteggiamento critico, c’è ancora posto per una nostalgia del vecchio Dio che, una volta «accesa la miccia del Big Bang», si è rifugiato in qualche piega dello spazio-tempo di cui trattano i fisici! Ma così facendo il Signore dell’universo ha lasciato l’ambiguo dono della libertà alle sue creature; però, al tempo stesso, ha ceduto il proprio ruolo a «presuntuose divinità» avide di «colonizzare il cosmo».

C’è metodo, dice Lidia Sella, anche nel delirio. Sono tali divinità, partorite da un’immaginazione nutrita di terrore, che hanno prodotto non solo confusione, ma soprattutto discriminazione: come quella tra puro e impuro, che dà per scontato che solo il primo sia degno dell’essere e che il secondo, invece, debba venire inesorabilmente stroncato. Giocando sul legame etimologico tra puro e irOp (termine greco per “fuoco”), Lidia evoca una delle figure filosofiche più tragiche, quella di Giordano Bruno, il teorico dell’universo senza confine popolato da innumerevoli sistemi solari. Nel carcere dell’Inquisizione era solito condurre i suoi sventurati compagni di prigionia a spiare il cielo da una finestrella e indicava una stella dopo l’altra, «dicendo che quella era un mondo e che tutte le stelle erano mondi».

Chi si prenda la briga di sfogliare il bellissimo volume di Luigi Firpo, Il processo di Giordano Bruno (a cura di Diego Quaglioni, Salerno Editrice, Roma 1993) si imbatterà nel ritratto di quel «publico heresiarca, et non già intorno ad articoli leggeri, ma intorno alla incarnazione del Salvator nostro et alla santissima Trinità», come recita il verbale del Collegio veneziano del 22 dicembre 1592. Davvero terribile virus il pensiero! Tradotto a Roma, Giordano sarebbe stato ridotto in cenere il 17 febbraio 1600. Come racconta una testimonianza dell’epoca: «Giovedì mattina in Campo di Fiore fu abbruggiato vivo quello scelerato frate domenichino da Nola». Ma mentre il fuoco avrebbe dovuto spegnere il contagio, lo scellerato era riuscito ancora a dichiarare «che moriva martire et volentieri, et che se ne sarebbe la sua anima ascesa con quel fumo in paradiso».

La poesia di Lidia invita chi legge a seguire la traiettoria di quel fumo, senza alcuna preclusione ideologica, o discriminazione politica, e senza alcuna forma di scientismo. E il paradiso, per lei, non è altro che il territorio della parola. L’autrice non dimentica mai che anche la più audace e sottile filosofia «è figlia della materia». Del resto, con un editto romano (7 agosto 1603) l’Indice dei libri proibiti doveva venire aggiornato in modo da includere proprio «tutti i volumi del Nolano». Di nuovo, la paura si rivela compagna ineliminabile della monomania. Però, quell’editto contiene, senza intenzione, anche il riconoscimento della forza della pagina scritta o stampata. Perché un grande libro, ci dice Lidia, è «incontro alchemico/ di anime/ inchiostro/ e sangue». Per questo è invincibile.

Giulio Giorello

RIFLESSIONI

Strano virus
il pensiero
modifica il destino di chi l’ha concepito
e di quanti ne subiscono il contagio,
genera mutazioni persino all’interno del proprio
nucleo,
trasforma il tessuto della realtà,
induce metamorfosi, rivelazioni o catastrofi.
A ogni contatto si moltiplica. Cambia aspetto. Si camuffa.
Grazie a strumenti di sua creazione
– dall’alfabeto alle sonde spaziali –
si diffonde con sempre maggior rapidità
e ora viaggia velocissimo
anche a ritroso nel tempo
fino all’ombelico del cosmo.
Inventore dei giochi che gli procurano emozione e piacere,
può diventare l’inconsapevole regista del proprio dolore.
Autolesionista oppure sadico, quando è malato.
Nella follia deraglia.
Impalpabile, così sottile, oscilla fra dubbio e fede,
un’onda che alterna esaltazione e cedimenti,
illuminazioni a misfatti.
Se abusa di alcol, droghe e autoanalisi
si sente un alieno nell’organismo che gli ha dato vita.
Il potere lo seduce, aspira all’eternità.
Trae alimento dalla conoscenza, da semi antichissimi,
dai riverberi di se stesso.
Per potenziare la rete delle sinapsi
ha costruito una moltitudine di sosia artificiali,
un cervello di dimensioni planetarie.
Al microscopio mostra la struttura di un albero infinito
e ramificazioni simili alla geometria dei frattali.
Dalle sue fronde millenarie spuntano talvolta nuove radici.
Verso il cielo. O l’inferno.

Antonio Prete

Video


Appuntamenti


  • 21 maggio 2019, IMOLA – Ippogrifo
  • 18 novembre 2018, MILANO – Bookcity scarica invito 
  • 28 ottobre 2018, GIARDINI NAXOS (ME) Premiazione Premio Angelo Musco
  • 18 aprile 2018, IMOLA vedi comunicazione 
  • 7 aprile 2018, CANNERO – Sala P. Carmine scarica invito
  • 1 marzo 2018, MILANO – Biblioteca Sormani, Sala del Grechetto scarica invito
  • 6 febbraio 2018, REGGIO EMILIA Libreria All’Arco scarica invito
  • 28 novembre 2017, GENOVA  scarica invito 
  • 16 settembre 2017, CASTIGLIONE DELLA PESCAIA scarica invito
  • 8 giugno 2017, FIRENZE – Palazzo Medici Riccardi scarica invito 
  • 8 marzo 2017, TORINO – il Circolo dei lettori scarica invito
  • I dicembre 2016, GORIZIA – Libreria Antonini scarica invito
  • 30 novembre 2016, PADOVA – Loggia Amulea scarica invito
  • 22 novembre 2016, PARMA – Società Parmense di Lettura e Conversazione scarica invito
  • 19 novembre 2016,  AMEGLIA – Partecipazione al Premio Frate Ilaro del Corvo, Monastero di Santa Croce
  • 15 novembre 2016, VARESE – Aula Magna Università dell’Insubria scarica invito
  • 10 novembre 2016, NAPOLI – Centro Studi Michele Prisco e Circolo Erich Fromm scarica invito 
  • 3 novembre 2016, ROMA – Circolo del Ministero degli Esteri – Salone della Musica scarica invito 
  • 22 ottobre 2016, TORINO – Partecipazione al Premio Internazionale Torino in Sintesi vedi classifica
  • 7 ottobre 2016, BERGAMO – Biblioteca Caversazzi – Sala Galmozzi scarica invito 
  • 4 ottobre 2016, PAVIA – Circolo di Lettura Socrem scarica invito  comunicazione UNIPV
  • 2 ottobre 2016, ASOLO – Villa Razzolini Loredan scarica invito 
  • 2 ottobre 2016, ASOLO – Letture collettive di poesia sulla tomba di Eleonora Duse scarica invito 
  • 30 settembre 2016, BOLZANO – Società Dante Alighieri scarica invito
  • 29 settembre 2016, VENEZIA – ristorante Colombo. Partecipazione al premio cover per la rassegna “Libri in spiaggia 2016” (selezionata nella cinquina dei finalisti) evento Facebook
  • 28 luglio 2016, LIDO DI VENEZIA – Centro Culturale e Biblioteca Hugo Pratt scarica invito  locandina
  • 15 luglio 2016, PATÙ (SANTA MARIA DI LEUCA) – Palazzo Liborio Romano scarica invito 
  • 14 luglio 2016, LECCE – Piazzetta Greca scarica invito 
  • 4 luglio 2016, FORTE DEI MARMI – Villa Bertelli scarica invito
  • 26 giugno 2016, VITERBO – Festiva Caffeina, cortile Holden visualizza comunicato
  • 9 giugno 2016, TORINO – Circolo Pannunzio scarica invito
  • 4 giugno 2016, MORRO D’ALBA (AN) – B&B La Fonte del Re scarica invito
  • 3 giugno 2016, CORINALDO (AN) – Sala Consiliare Arnaldo Ciani scarica invito
  • 17 maggio 2016, MILANO – Circolo Filologico Milanese scarica invito
  • 23 aprile 2016, CATANIA – Circolo Canottieri Jonica scarica invito 
  • 22 aprile 2016, PIAZZA ARMERINA – Giò Social House scarica invito 
  • 22 aprile 2016, ENNA – Giornata UNESCO del libro – incontri nei licei scarica invito 
  • 20 marzo 2016, PAVIA – Socrate al Caffè, Libreria Feltrinelli scarica invito

Commenti


Questi testi di Lidia Sella (ci) trasmettono sollecitazioni e problemi, dal dichiarato di pensiero critico alla costruzione della forma. Tra tanti scriventi versi di cui non si riesce a decrittare una visione di idee, qui abbiamo un grido di rivolta privo di equivoci, che si pone fuori dal recinto del prevalente politically correct e va oltre le declinazioni delle destre e delle sinistre storiche.
Ma una lettura che non sia solo ideologica, deve in primo luogo evidenziare e capire il nucleo-motore dell’energia trasmessa da un testo. Nella scrittura di Sella tale nucleo risale a visioni precristiane, radice profonda della nostra identità culturale e fonte di critica di tre forme di pensiero unico: il monoteismo religioso, la globalizzazione del capitalismo finanziario e il pensiero neoliberista, un intreccio che riduce l’autonomia dei corpi sociali nazionali rispetto ad elite extranazionali, e produce un peggioramento di condizioni di vita materiale dei più.
È un pensiero critico che si pone ovviamente fuori dal perimetro designato dal pensiero dominante, e che incarna quindi un’altra forma di sacer – il cui etimo è appunto interdire, mettere fuori.
Le poesie, da Fede pagana a L’industria del timore, lo declinano riaffermando il percorso generativo della propria visione, incrociando alto e basso. Sta in questa congiunzione il nucleo-motore profondo dell’energia espressa. In proposito ricordo che lo stesso simbolo della croce è frutto di sinestesia tra tensione spirituale verticale e necessità orizzontali profane. E nella ricerca espressiva di Sella agisce, ed è rilevante, il piede materico e biologico.
Tale senso di sacro non è dunque radicato solo in un esercizio speculativo, ma è vissuto da tutto il corpo e dalla totalità soggettiva dell’Autrice. È un coinvolgimento da cui derivano sensi e forme espressive anomale, che irrompono tra corsi diluviali (in cui si confrontano pensiero-Io e corpo-Es) e ciottoli luminosi che sintetizzano dolore e visione altra, premesse di rinascita vitale. La forza espressiva cerca, con un senso di ultima ancora di salvezza, parole del bisogno di contrapporsi alla chiacchiera, scontata e non più tollerabile, del pensiero dominante.
Ciò che fa poesia non sono (solo) le righe spezzate, ma il moto complesso che coinvolge la totalità di chi scrive, e che nei testi di Lidia Sella lampeggia non solo in un altrove cerebrale. Coinvolge i cunicoli scuri delle proprie emozioni e delle proprie viscere, in cui l’eros ferito ribolle e viene fatto percepire, attraverso catene significanti che cercano consonanze di immagini, allitterazioni e assonanze. Poesia dunque, generata da un flusso di pensiero altro, che prova ad andare oltre argini formali consueti. E gli esempi in tal senso, offerti dal novecento, sono tanti e diversissimi.

Link al testo completo 

ADAM VACCARO

Gentilissima Lidia Sella,
la ringrazio per averci mandato in suo ultimo libro Strano virus il pensiero che ho letto con molto interesse.
Mi ha affascinato lo strano connubio fra arti e scienze, fra sentimenti e cosmo, con il rischio forse di incappare nel desolato razionalismo. Ma non è così: la malinconia che pervade il libro è controbilanciata all’accettazione dell’intero universo non senza punte di ironia. < unico superstite / un ragno nero / a tessere il filo dell’energia residua: / nuovo esordio, forse / d’un’altra storia strampalata >.
Il materialismo non è sterile ma trasmette affettività < nessuna prova che tu esista/ finché non ti abbraccio>.
Cordiali saluti,

ANGELO CIPOLLINA, COLLABORATORE RIVISTA “ATELIER”

La tua Poesia possiede note speciali quelle che salgono negli abissi e quelle che sprofondano nelle altitudini. Dalla prima volta in cui ho letto un tuo verso quello strano virus che regna nel pensiero si è intrufolato dovunque.

Un abbraccio,

Pina

PINA DI MARIA

Carissima,

                  chi apre nuovi orizzonti, avventurandosi nell’inesplorato, è solo. Conquistatori di terre e mondi interiori devono avere coscienza che il futuro è nelle loro mani: luce che fende il buio.

Le persone come te devono essere semplicemente amate, con un amore crescente, all’infinito, per il sentimento che regalano all’umana specie, aprendo le porte alla conoscenza dei misteri piu profondi.

Strano virus il pensiero è inesorabilmente destinato a contaminare, generando una santa reazione immunizzante verso la malattia più pericolosa per l’uomo: la morte del cuore e della mente.

La tua missione in questo mondo è, quindi, quella di contaminare la specie umana con l’arma più potente che esiste quella delle idee e delle visioni introspettive dei tuoi viaggi nel mistero della materia e nello spirito.

Non mollare!

                                                      Angelo

ANGELO CHIOLLE

Carissima, una cosa così bella, il tuo libro, con il mondo dentro, e gli universi, e quella tua intelligenza a scavare nell’infinita pazienza del dolore, mentre la verità ti insegue senza raggiungerti. Sono stata bene accanto a te, mi pareva che ci conoscessimo da sempre, ho da tempo la sensazione di porgerti la mano per attraversare quello che non so. Tu lo sai senza vederlo, quello che ti fa patire (pathos), radice anche del tuo straordinario talento. Forse un giorno potremo stare insieme nel Silenzio. Una carezza sulla tua mano che scrive, sulla testa che pensa, e sul cuore.

CARLA PEROTTI

Cara Lidia, non ho dimenticato di avere un impegno con te. Sia perché avevo alcune osservazioni che mi sono state suggerite  dalla tua “meditazione”  da comunicarti, sia perché mi ero impegnato a mandarti qualcosa di mio. Cerco sempre di rispettare gli impegni che prendo con gli altri: per rispetto a loro, ma anche perché so che questo è un buon allenamento per riuscire a rispettare quelli che prendo con me stesso.

Prima considerazione suggeritami dalla concomitanza fra la lettura del tuo testo e la nascita di mia nipote (il 30 luglio): in Strano virus il pensiero alludi a un senso di colpa per un bambino mai nato. Ebbene, ti assicuro che mi sono sempre sentito in colpa verso le mie figlie – e non poco –  per averle fatte nascere, memore di quanto, nel mito, Sileno risponde a Mida, che gli chiede quale sia la cosa più desiderabile per un uomo:”Non essere mai nato, o essendolo, morire al più presto.”

Da ciò  deduco che, rispetto alla nascita, (come rispetto alla morte, sia degli altri che nostra), per tutto ciò che sia iniziale o finale, il nostro sentimento è comunque quello di colpa. Perché? Suppongo che sia  per una radicale inadeguatezza di noi, che siamo creature “mediocri”, per tutto ciò che è estremo.

Seconda considerazione:

nel tuo testo ti chiedi “se il nulla ha un bordo”. No, non c’e l’ha: il suo bordo è quello dell’essere. “Il nulla” non è in sé che nulla, la sua “esistenza” è solo negativa: quella di essere obiezione o limite dell’essere. Dove l’essere non ha più forza d’essere, dove finisce, lì c’è nulla. Nulla, non “il nulla”, come impropriamente diciamo, forse perché abbiamo bisogno di pensare a una qualche, sia pure negativa, “sponda dell’essere”, un completamento che ne tolga la solitudine. Perciò da molti anni, a chi mi chiede che cosa sia l’essere rispondo: l’essere è uno, ma non è solo. Pensare l’unità dell’essere vuol dire anche pensare la sua “non solitudine”, la sua “non mancanza d’altro.Ciò che naturalmente non è facile.

ALBERTO MADRICARDO

Grazie Lidia per aver “illuminato” le nostre menti.

Noi ci mettiamo il cuore, tu lo nutri con le parole.

Al prossimo appuntamento, con amicizia,

Marcella

MARCELLA TUTTOBENE

Se dovessimo rappresentare con un’immagine la nuova raccolta di poesie di L.Sella, utilizzeremmo una categoria freudiana:Il flusso di coscienza. Le parole scorrono senza nessi specifici di causa ed effetto, creando legami emotivi impliciti tra le cose.

C’è il tentativo di una lettura in chiave unitaria del reale,nella quale coppie opposte e parallele di termini e concetti si dissolvono nell’Uno, come aspetti di una identica medaglia.

L’UNO di L.Sella è un universo in espansione, decifrato con le leggi della fisica più recente.

Non c’è però un entusiasmo illuministico: la natura e le sue leggi sono filtrate dall’io dell’autrice, per cui l’universo è un “ arazzo”, uno splendido ricamo di cui si sottolinea, più che la perfezione, la bellezza.

Ma è una bellezza sotto la quale si nasconde un’amara denuncia della crisi della civiltà occidentale; i toni sono cupi e crudi, dissacratori e disintegratori di ogni certezza.

E’ una nuda foto di gruppo della società contemporanea, sulla quale Lidia ci trascina a riflettere con la forza e l’acutezza del suo sguardo.

Ma ciò che ci resta, seppur “malato terminale nel reparto di poesia sperimentale” è la parola ed il suo più intimo amico, il pensiero che, come un virus, contagia.

Nel materialismo della società contemporanea, la vita appare come un gioco di scacchi tra materia ed antimateria, in bilico tra essere e nulla ma pronta a ricominciare “un’altra storia strampalata”.

La vita è priva di senso? O è la fine della ricerca di senso?

La disposizione a chiasmo dei termini carezza/lama, voragine/culla sottolinea con forza le dicotomie del nostro essere, rappresentato in una estrema sintesi nella metafora spazio-temporale: utero-alcova-tomba.

E’ un richiamo continuo a ciò che siamo, metà luce, metà buio, sospesi tra essere e nulla.

Lidia ci spinge a riportare a livello della coscienza ciò che la civiltà consumistica ha rimosso come un tabù: la morte, ovvero l’altra parte dell’essere, poiché ogni cosa si conclude nel suo opposto: “ l’ultimo accordo nel crepaccio del silenzio”.

Se un centro vi è, in una natura “bufera di atomi”, è il pensiero da cui tutto può derivare: metamorfosi, rivelazioni, catastrofi.

Il pensiero che è “inconsapevole regista del proprio dolore” che può essere malato e “ deraglia nella follia”.

Il pensiero sedotto dal potere, a cui Lidia con coraggio chiede: ”Banchieri, Politici, come investirete i sorrisi degli europei?”

Concludo con due versi di Lidia: uno che si oppone all’imperante slogan del progresso :“ Con il progresso, più raffinata la crudeltà dell’uomo”;

E un altro che, pur racchiudendo molto dolore, ci fa sentire come il Leopardi della “Ginestra”, uniti dalla stessa sorte : ”Muore due volte chi appartiene ad una civiltà in declino”.

E noi, consapevoli epigoni di una Impero al tramonto, ancora una volta ringraziamo Lidia, per aver trovato le parole più adatte a raccontare la tempesta dei nostri cuori.

Enna, 23/04/2016

Con affetto, prof. Piera Di Termine Liceo Scientifico “Pietro Farinato” Enna

PIERA DI TERMINE

Risveglio sotto la neve, anche da noi c’è un silenzio assordante.
È proprio una giornata da poesie di Lidia.
Diciamolo ai milanesi!

ALESSANDRO PAGNINI

Cara Lidia,
la neve è stata propizia. Due riunioni “saltate” e finalmente qualche ora per stare con i tuoi libri.
Un’avventura affascinante. Prima con gli autori delle note (Prete, Giorello, Torno) – dunque nei dintorni – poi vicino al cuore pulsante della tua poetica.
Il libro che maggiormente mi ha coinvolto è Strano virus il pensiero.
“Noi danziamo perché la morte è immobile” Danziamo intorno alla morte. La corteggiamo. Prima di darle in dono il nostro corpo. E la voce, aggiungi, che al corpo appartiene.
Grazie, cara Lidia, per questi tuoi libri. E per il dono della tua poetica.

FLAVIO ERMINI

Lidia Sella: un pensiero libero, autonomo, indipendente.

Dà voce a nostre intuizioni per le quali non troviamo parole.

Ci offre doni pregni di solitudine. Si esprime in forme altissime. Utilizza un linguaggio colloquiale che induce alla riflessione. Un’eco forse della sua formazione giornalistica.

Aforismi e immagini poetiche incisivi, che tagliano dentro. Il suo stile mi ricorda Ungaretti. Concetti esposti in modo cristallino, lasciano cadere in noi le parole come gocce d’acqua da una stalattite. E chi entra in risonanza con l’autrice, si congiunge al suo pensiero come stalagmite che cresce verso l’alto. Sia in quanto animale politico prigioniero di una società alienata che nella dimensione di essere cosciente all’ascolto di silenzi siderali.

GIOVANNA IORI

Grazie ancora per il fresco vento di Arte e Cultura che ieri lei ha portato nella nostra città col suo libro.

Con l’augurio che gli atomi dell’intelletto abbiano sempre più ” orbite ” fortunate e condivise.

Un caro saluto da Reggio Emilia.

LIÙ E MARINA GOBBI

Torino, 3 gennaio 2017

Cara e gentile signora,

la ringrazio vivamente del dono del suo libro. La sua poesia è appassionante morale e sentenziosa, come un solenne giudizio dell’attuale condizione della società. Le auguro un anno operoso e fruttuoso e la saluto molto caramente.

Giorgio Bàrberi Squarotti

GIORGIO BÀRBERI SQUADROTTI

In una riunione ristretta in cui leggerò un brano dalle Cosmicomiche di Calvino, mi piacerebbe aggiungere, in fondo, alcune poesie di Lidia Sella, presentandola come una delle meteore che mi hanno sfiorato, prima di morire. Posso?

NINO MARRA

AFORISTE CONTEMPORANEE

Un’autrice che ben incarna il modello dell’aforisma poetico è Lidia Sella, giornalista, scrittrice e poeta di Milano. Ha pubblicato presso “La Vita Felice” tre sillogi: “La figlia di Ar – Appunti interiori” (2011); “Eros, il dio lontano – Visioni sull’Amore in Occidente” (2012); e “Strano virus il pensiero” (2016). In lei, la cadenza e il ritmo propri della poesia sono dedicati alla riflessione; pensieri che profilano una visione disincantata della realtà, a tratti desolata, e non indulgono mai al sentimentalismo superficiale e consolatorio. Una forma di interiorità il cui virus, se anche riesce spesso nell’espressione diretta e spontanea, resta preferibilmente sul registro serio e riflessivo, distante da quel binomio di leggerezza e tragicità che spesso l’aforisma assume.
Con ciò, Sella ci parla di universo, di cosmo, di vita, e sempre riesce ad abbinare profondità e semplicità. Il suo frammento non è mai gelido: si dipana invece con una grazia magica, una buona musicalità. La sua è soave energia, delicata veemenza: toccati anche grazie alla ricerca lessicale, alla metodica precisione del termine giusto.
Con tutto ciò, a Lidia Sella non manca il sorriso del tipico aforisma impertinente e malpensante: «L’imbecille è innocuo solo se vive da eremita» (Strano virus il pensiero, p. 56).

ANTONIO CASTRONUOVO

Grande poesia in piccoli scrigni di saggezza, bellezza, con venature di malinconia e ironia in un mondo, il nostro mondo, in cui l’Uomo sembra essersi sempre più perso.

JEANNE HEAULMÉ

Sto finendo di leggere il tuo libro con molta calma, com’è richiesto da un libro come il tuo, o meglio dal tuo, essendo unico e non paragonabile ad altri, o almeno a quelli finora letti nel corso della mia vita.

Pur non avendone completato la lettura non posso che considerarlo un capolavoro, e lo affermo con sincerità. Ovviamente questa è la mia valutazione personale, non disponendo degli strumenti e della competenza per allargarla a un ambito meno soggettivo, tuttavia è indubbiamente denso di originalità, di sguardi inusuali sull’esistenza, con una profonda riflessione sulle domande che ciascuno dovrebbe porsi, con la ricerca di una libertà intellettuale e un’apertura incondizionata al mistero che ci circonda…. Sarà perché le domande che ti poni sono quelle che quotidianamente mi pongo anch’io, che le riflessioni che ne derivano e le risposte che dai sono per lo più le medesime che ritrovo in me, per quanto tu abbia saputo arricchirle e presentarle creativamente in modo così speciale, speciale come sei tu.

Complementi, questo tuo libro mi è parso superiore in senso “assoluto” rispetto ai tuoi precedenti, per quanto abbia molto apprezzato anche quelli e per quanto i paragoni forse non andrebbero fatti.

LORENZO MOLINARI

Le stelle nella poesia italiana dallo Stilnovo a Lidia Sella

Per introdurre il nuovo libro di L.S. Strano virus il pensiero, vorrei suggerire alcune riflessioni.

A lungo, nella poesia italiana, le stelle hanno evocato più che altro un termine di paragone per gli occhi luminosi dell’amata, metaforicamente indicati come luci o lumi. Le stelle costituiscono inoltre, anche nella variante al singolare, un elemento di una delle rime baciate più abusate della nostra lirica, ‘stelle-belle’.

Più che stella diana splende e pare”, dice Guinizzelli della sua donna, nel sonetto Io voglio del ver la mia donna laudare dove, per ‘stella diana’, il poeta intende Lucifero che, per gli uomini del Medioevo, corrispondeva al pianeta Venere, ultima stella a tramontare al mattino, la più intensa e splendente.

A differenza della cultura greca delle origini, in cui la filosofia si esprimeva anche per il tramite della poesia, in Italia filosofia e poesia – almeno fino a Leopardi – hanno viaggiato su strade pressoché separate, con rare eccezioni, come il tentativo portato avanti agli inizi del Settecento dall’Accademia dell’Arcadia. Per ragioni dottrinali, tra Cinque e Seicento, cioè prima dell’avvento del cannocchiale e in un Paese come il nostro, oppresso e minacciato da doppia censura – sia politica che religiosa – parlare di nuovi mondi e stelle neonate comportava gravi rischi. Mettere in dubbio la centralità della Terra, e dell’essere umano, si traduceva in un affronto al potere, costituiva una sfida alla cultura universitaria aristotelica, all’esegesi ortodossa delle Sacre Scritture, alla concezione del mondo di matrice tolemaica, scolastica e gesuitica.

Molte le contraddizioni della società cinque-secentesca tratteggiate da uno scrittore satirico di Loreto, Traiano Boccalini, nei suoi Ragguagli di Parnaso (1612). L’astrologia, nonostante allora fosse perseguita come reato, veniva tuttavia praticata nelle corti, persino in Vaticano. Vescovi e cardinali tenevano molto al proprio quadro astrale. L’annuncio della data di morte, soprattutto ove si trattasse di una dipartita precoce e, come tale, sgradita al committente, poteva addirittura comportare la condanna a morte dello sfortunato astrologo. Pericoloso dunque discettare di stelle in Italia. Qualcuno pagò addirittura con la vita. Come Giordano Bruno, che morì sul rogo, il 17 febbraio 1600, in Campo de’ Fiori, a Roma. Su di lui, Lidia Sella scrive versi mirabili: “Il corpo del filosofo doveva bruciare / insieme alla sua idea sacrilega / sull’esistenza di infiniti mondi. / Semplice profilassi / per la salute spirituale dei fedeli: / troppo elevato il rischio di contagio.”

Pericoloso perciò parlare di stelle in Italia,  se non mediante metafore squisitamente amorose. Sarà questa la ragione per cui i poeti italiani hanno preferito orientarsi verso la Luna, più piccola, vicina, addomesticabile e domestica, umile satellite-ancella della nostra Terra?

Nella nostra poesia esiste un vero e proprio “filone lunare” che, a sua volta, ne ha generati due, quello fantastico e quello del “notturno”. Capofila della scuola fantastica è Ariosto che, nel XXXIV canto del Furioso, manda Astolfo sulla Luna, a cavallo di un ippogrifo, a recuperare il senno di Orlando. Anche se Ariosto vi colloca vallate e montagne simili alle nostre, non sfugge alla suggestione di immaginarsi quel ‘picciol tondo’ come una sfera perfetta, dalla superficie chiara e liscia come acciaio: “Veggon per la più parte esser quel loco / come un acciar che non ha macchia alcuna.

Si dovrà aspettare Marino, che andava componendo l’Adone negli stessi anni in cui Galileo scrutava il cielo con il cannocchiale, per sentir definire la luna non più ‘polita e piana’, ‘quasi opaco cristal che ’l piombo ha dentro’, ma ‘aspra, ineguale e tumida e scrignuta’, cioè piena di gobbe e rigonfiamenti, “concava in parte, in parte ancor convessa” (Adone, X, 39-40).

Sempre la Luna è protagonista dei notturni, languide, emozionanti descrizioni di paesaggi immersi nelle tenebre, specchio di umana malinconia e inquietudine. In quest’ambito, la palma di precursore va a Torquato Tasso. A tal proposito, citiamo alcuni dei suoi versi più celebri: “Era la notte, e ’l suo stellato velo / chiaro spiegava e senza nube alcuna, / e già spargea rai luminosi e gelo / di vive perle la sorgente luna.” La tristezza e l’emozione di Erminia non risulterebbero tanto intense senza uno sfondo notturno, e il notturno non assumerebbe un simile pathos se non sapessimo che una donna innamorata, Erminia, percorre quei campi malinconicamente inondati di luce lunare (Gerusalemme liberata, VI, 103).

Concludendo questa veloce rassegna di autori lunari con un uomo del nostro tempo, non possiamo dimenticare Italo Calvino, al quale qualche anno fa Lidia Sella ha dedicato una riflessione, pubblicata su suo sito e intitolata Lettera ad Alessandro. Calvino, nelle Cosmicomiche e in Palomar, volge lo sguardo alla volta stellata. L’umile e curioso personaggio, Palomar, un astrofilo, chiamato non a caso con il nome del famoso osservatorio californiano, poco prima di morire scopre che «l’universo è lo specchio in cui possiamo contemplare solo ciò che abbiamo imparato a conoscere in noi».

Nella poesia di Lidia la luna appare raramente, come in questo verso, “Questa notte la luna è come noi: metà luce metà buio”. Sono il cosmo e gli astri, la luce, lo spazio, i pianeti, le galassie, l’energia e la materia ad affollare le sue pagine, anche attraverso tecnicismi e termini rari, come il muone, particella instabile, elevata a simbolo di caducità.

Nella nostra poesia, dunque, diamo il benvenuto alle stelle, quelle vere.

Nei versi di Lidia colpisce la presenza di grandi numeri – miliardi di anni luce, milioni di chilometri, etc. – scaturiti dal confronto continuo fra macrocosmo e microcosmo.

I frammenti di Lidia sono caratterizzati da struttura ellittica: spesso manca il verbo, specie l’ausiliare essere e, dal punto di vista retorico, si reggono di volta in volta sulla figura dell’antitesi, sul parallelismo, sui bisticci e su neologismi…

Si tratta di una poesia dura, diretta e che, a una prima lettura, provoca quasi uno shock, come un pugno nello stomaco. La poesia di Lidia non assomiglia a tanta poesia contemporanea. Snobba anzi lo sperimentalismo linguistico. Per l’autrice la parola deve risultare non solo immaginifica, ma anche puntuale, immediata, efficace.

Tornando alla filologia d’autore, ossia alle modifiche introdotte fra un’edizione e l’altra, talvolta tra una ristampa e la successiva, l’autrice ha l’inclinazione a rielaborare, limare, modificare di continuo i suoi versi o, addirittura, ad aggiungerne di nuovi. Lidia mi ha raccontato che questa pulsione al ripensamento fa parte di lei, è una sorta di demone, un ossessivo diktat interiore che la spinge a perseguire un livello di perfezione sempre più elevato. In un certo senso, quindi, Lidia si colloca a metà strada fra “poeta di illuminazione”, come Ungaretti, e “poeta di lavoro”, come Montale.

La poesia di Lidia, e il suo pensiero – e chi ha letto i suoi interventi sui giornali circa questioni etico-politiche lo sa – sono tutt’altro che consolatori. Del resto la poesia è sempre stata un’arma potente, soprattutto quando si carica di una vena satirica. Lidia ha un’indole rivoluzionaria, per lei la poesia è una miccia, capace di scatenare incendi.

CHIARA PIETRUCCI

Lidia Sella, giornalista, scrittrice, aforista, poeta. Ha pubblicato sette libri. Due con il Gruppo Rizzoli: Amore come, Sonzogno, 1999; La roulette dell’Amore, Bur, 2000. E tre sillogi, con La Vita Felice: La figlia di Ar – Appunti interiori (2011); Eros, il dio lontano – Visioni sull’Amore in Occidente (2012); Strano virus il pensiero (2016). Nel 2019 ha dato alle stampe Pensieri superstiti con Puntoacapo Editrice. Nel 2020 è uscita con Pallottole, contro la dittatura dell’Uno (OAKS Editrice) e nel 2022 con Una terrazza sul cosmo. Meditazioni poetiche (Mimesis), già alla seconda edizione.