Adele Desideri “Il Quotidiano di Calabria” 4 settembre 2012


Il mito e la paura damare

Lidia Sella, giornalista e scrittrice, ha da poco pubblicato – con postfazione di Armando Torno – il suo quarto libro, “Eros, il dio lontano – Visioni sull’Amore in Occidente”: raccolta in versi posizionati, sulla pagina, con una centratura tanto misurata, quanto lo è l’intento riflessivo che li anima.

Un vocabolario gravido di nozioni scientifiche; uno stile, talvolta, quasi algido, e all’improvviso carico di toni nostalgici; oppure, ancora, digressioni sociologiche attraversate da ombre di passionalità timida e al tempo stesso dilagante; con queste armoniose discrasie, Sella affronta il tema spinoso di una malattia molto diffusa, purtroppo, nei nostri insidiosi giorni: la paura di amare. Si avvale, Sella, di numerosi e dettagliati riferimenti al mito, non solo greco e latino; tra i quali, appunto, primeggia il dio Eros. Riferimenti, però, che sembrano sovvenirle quale mero ausilio linguistico ed epistemologico, utile a indicare un modo di interpretare i fatti all’interno di una precisa cornice storica di derivazione classica. Sella non si affida al mito come universo semantico ancestrale, come archetipo misterioso – junghiano – dell’inconscio umano. Non si affida alla, psicoanalisi e lo dichiara – sincera e determinata – con un pizzico di aggraziata disinvoltura. Eros è essenzialmente – per l’autrice – una finzione narrativa posta fra se stessa e il lettore. Una finzione necessaria per non declinare nella malinconia: per non rivelare del tutto una sensibilità incombente, accesa, ferita.

Sella critica – con dolore, tenacia e arguzia – la società contemporanea, che più non conosce la strada del sentimento, che confonde erotismo con pornografia, emancipazione femminile con volgarità, promesse di fedeltà assoluta con patti bilaterali reiterati e poi dimenticati in un istante:‘L’empatia amorosa/ cigola, stagna, impallidisce/ e nel turbinio dei giorni/ i piaceri si fanno così flebili/ friabili/ rugosi/ da mutarsi/ al vespro/ in foglie d’autunno//.”

I timori denunciati e forse in parte sperimentati dalla scrittrice medesima, sono molti; il timore della trascendenza, dell’eterno, e della tremenda superbia tecnologica. Il timore che l’ironia sfoci nel cinismo, che l’idealismo si traduca in pericolose forme di ideologia: “Prudenza innata/ empirica saggezza/ miele millenario di cui noi/ – saccenti passeggeri/ del ventunesimo secolo -/ignoriamo la dolcezza.//”. Il timore che il mal di vivere significhi follia – e la consapevolezza, d’altronde, che l’inquietudine esistenziale lambisce gli spiriti nobili: “palindroma/ la cifra della sofferenza/ che si esamini la trama/ dal principio/ o a ritroso/ si proceda dall’epilogo/ il tracciato/ si ripresenta identico/”.

Il timore di amare – sì – però anche l’anelito a una profonda, solida relazione con l’altro: “Transitoria follia/ Amore/flagella corpo mente cuore/ provoca ansia insonnia inappetenza/ attacchi di panico/ altera la vista/ offusca il giudizio/ rende infantili/ e incoscienti./ Ma anche entusiasti/fiduciosi./E creativi.//”.

L’autrice mostra uno sguardo conservatore, elitario, che si posa fugacemente sugli abissi della povertà, dell’emarginazione. Uno sguardo, in fondo, mancante di una puntuale, partecipe attenzione agli attuali drammi sociali.

Eppure, qualcosa colpisce. Qualcosa, delle intense intuizioni poetiche di Sella, convince: la sua maniera, audace e a tratti scontrosa, di identificare gli individui dell’occidente – al di là del ceto culturale ed economico a cui appartengono – nel segno del bisogno. Bisogno di empatia, bisogno di affetti, bisogno di concreta tenerezza: “Tutti smaniosi di scalare l’Olimpo/ con funi fabbricate nei sogni/ mentre cadaveri di amori ideali/ si ammucchiano in fondo ai dirupi.// Da lassù, gli dèi/ non si perdono una puntata/ dei nostri insuccessi./ E ridono/ di tanta fatica sprecata.// Per noi infatti hanno riservato/ solo qualche sprazzo d’immortalità/ brevi orgasmi/ crude illuminazioni.//”.

Si comprende quindi che Eros è, per Sella, un dio davvero lontano. Lontano da quel cosmo infinito che è il cuore dell’uomo. Il cuore dell’uomo: è salvifico riscoprirlo, interrogarlo, accudirlo, vezzeggiarlo, per rendere lo stile di vita occidentale meno autoreferenziale, meno rapace, più degno. Il cuore dell’uomo, oggi tragicamente – proprio come Eros – ancora absconditus: “Ma se la sua Euridice/ Orfeo rapisse all’Ade/ e il loro volo di gabbiani riprendesse/ ala contro ala/ verso la sfolgorante meta/ potremmo infine ricordare/ quant’era dolce morire per amore/ vivere per amare/ disciogliere la morte/ nell’eternità d’un bacio?//”.


Lidia Sella, giornalista, scrittrice, aforista, poeta. Ha pubblicato sette libri. Due con il Gruppo Rizzoli: Amore come, Sonzogno, 1999; La roulette dell’Amore, Bur, 2000. E tre sillogi, con La Vita Felice: La figlia di Ar – Appunti interiori (2011); Eros, il dio lontano – Visioni sull’Amore in Occidente (2012); Strano virus il pensiero (2016). Nel 2019 ha dato alle stampe Pensieri superstiti con Puntoacapo Editrice. Nel 2020 è uscita con Pallottole, contro la dittatura dell’Uno OAKS Editrice.