Odissea, ottobre 2014


A spasso fra le Pleiadi

Sette isole, un’estate

Rodi

Ore ventuno del 9 agosto 2014. Atterro a Rodi. Aeroporto affollatissimo. Per ingannare l’attesa dei bagagli, invento un passatempo divertente. Osservo – dal “punto-vita” in su – alcuni rappresentanti del genere maschile. Se sono molto burini, scommetto con me stessa che portano i bermuda: e non sbaglio!

Dato l’enorme afflusso di turisti, i tassisti organizzano solo corse collettive.

Al Nireas, cena deliziosa: insalata di ricci freschi, crocchette di granchio, gelato alla crema con backlava.

Uno strano negozio offre l’opportunità di immergere i piedi in una vasca piena di pesciolini, per un massaggio “ittico”.

A notte fonda mi avventuro nella Rodi vecchia, lontano dalla baraonda: pergole di bouganville, aria che profuma di gelsomino come a Capri, luna piena fra le antiche mura e, a sorpresa, l’orgoglioso rudere di una chiesa del XIV secolo, che sembra una San Galgano in miniatura.

La mattina dopo, visito il Palazzo del Gran Maestro e l’Ospedale dei Cavalieri. Poi il Museo archeologico. Con specchio di età minoica (XIII-XIV secolo a.C.), precoce manifestazione di narcisismo. E terracotte del XII secolo a.C.: ma quanti millenni sopravviverà il nostro servizio da cucina?

los

Pace e silenzio irreali: mai un rumore a interrompere il sonno.

Una sola strada, poco battuta. Impressionanti scorci a strapiombo sul blu, lungo la via per il Monastero di Agios Panteleimon.

Sul porticciolo di Livadia, dove i traghetti attraccano in un mare limpido come un lago alpino, si affacciano diverse taverne. Kriticos, forse, la migliore.

Isola aspra lungo le coste ma con un cuore verde. Qua e là, rocce rosse, simili a unghiate sulla pelle della Terra.

Acque tiepide, trasparenti, e rari sprazzi d’azzurro. Le spiagge più suggestive sono di ciottoli, quasi deserte persino a ferragosto, per lo più da raggiungere camminando a lungo sotto il sole cocente. O, in alternativa, con la barca un po’ zozza del grasso greco Stelio che, incurante del proprio scarso fascino, si lancia in spericolate avances verso le sue clienti. Su un altro pianeta di civiltà si muove invece il fido e simpatico Rob di Manchester, che lo affianca nelle manovre e nell’organizzazione del picque-nicque. Peccato gli orari svizzeri, con partenze troppo mattiniere e la giornata spezzata da rientri a metà pomeriggio.

A Plaka, eleganti pavoni si esibiscono fra i bagnanti, nella speranza di conquistarsi una merendina.

Nella splendida insenatura di Àgios Sérgios, mi preoccupo di dissetare un intero gregge di caprette. Risultato? Si contendono una sorsata d’acqua a cornate.

Serata metafisica a Mikro Chorio, music-bar inserito in un paese fantasma: lo spettacolo pirotecnico delle stelle cadenti che sfrecciano sullo schermo infinito del cielo aggiunge un respiro cosmico a questa città sospesa fra vita e morte.

Nysiros

Toccata e fuga, in giornata, da Tílos.

Quattro scie di ricordi.

1) Stéfanos, un cratere lunare striato di zolfo.

2) Emporio: chora “bonsai” con pavimentazione mosaicata stile Campidoglio.

3) Il Monastero della Madonna Spiliani, sul costone roccioso che domina il villaggio marinaro di Mandraki: un’inquadratura da cartolina.

4) Tílos, all’orizzonte, affiora dalla foschia come terra fatata.

Halki

Hotel St. Nicolas Boutique, unico vero albergo dell’isola, ricavato in un’ex fabbrica di spugne. Da qui si gode una visione privilegiata sull’armonioso, coloratissimo, porticciolo ad anfiteatro, patrimonio dell’umanità protetto dall’Unesco. Uno scenario che lo sguardo e la mente potrebbero contemplare all’infinito, senza mai stancarsi, come quando ci si incanta davanti al fuoco nel camino.

Le chiamano “caves”. In realtà è un canyon fra gli scogli: quando lo si attraversa a nuoto, sembra di entrare in una galleria di azzurro.

Yaloì e Aréte: luoghi di magica solitudine. Da raggiungere in barca con Lachis Paspalakis, proprietario del bar “La Piazza”, garbato e professionale, niente a che vedere col suo concorrente Alex, incivile ed esoso.

Dal castello, vista mozzafiato sulle isole sorelle: una terrazza sul mondo. E sulla sottostante Baia di Trakià.

Da Remetzo o da Babis, i migliori “little shrimps”.

Creta (nord-est, est, sud-est)

Sitìa: unica nota di rilievo, il piccolo Museo archeologico. Conserva pezzi interessanti, ad esempio una vasca da bagno di epoca palaziale (1700 a.C.).

I siti archeologici che ho visitato da queste parti (Itanòs, Palèkastro, Katò Zàkros, Tripitì, Gournià) sono purtroppo ridotti malissimo ma si trovano in posizioni panoramiche straordinarie.

Riguardo alle spiagge, ve ne sono di magnifiche. A est: Roussòlakkos, Katò Zàkros e, soprattutto, Xerocambos. Oltre alla mitica, benché troppo affollata, Vài. A sud: Diaskari e Agìa Fotìa. A nord est, nei pressi di Istron, la Golden Beach di Voulisma.

Nuotando a Kató Zakrós, ho rischiato la vita: intenta a inseguire un pensiero, e a modellarlo in forma perfetta, non mi ero accorta che il vento che si era levato improvviso, mi aveva spinta al largo, ben al di fuori dalla profonda insenatura con acque tranquille da dove ero partita. Il mare si era ingrossato di colpo e quando mi sono voltata per meglio valutare quanto fossi distante da terra, un’onda mi ha sommersa, ho bevuto, mi è mancato il respiro e, per un attimo, sono stata presa dal panico. Ma mi è bastato immaginare le complicazioni legate al rimpatrio della mia salma, per ritrovare subito coraggio e attraversare il lungo tratto che ancora mi separava da riva, sfidando la corrente contraria con un vigore che si rinnovava a ogni bracciata, sorretta dal dolce desiderio di salvarmi.

A Loghari, nella pianura di Kritsà, la Panagìa Kerà, chiesa bizantina del XIII sec., con affreschi del XIV e XV: sull’albero dell’arte, chimere religiose trasformate in gemme lucenti.

Àgios Nikòlaos, atmosfera animata e gioiosa, bar e ristoranti sulle sponde del piccolo lago circolare, noto come Vromolimni o Voulismeni che, fra il 1867 e il 1871, il pascià Adosidis ha provveduto a far collegare al mare mediante un canale. Le ripide pareti di granito che racchiudono in parte il bacino – nelle ore notturne, illuminate ad arte – creano sullo specchio d’acqua riflessi prodigiosi che sembrano allungarsi in profondità, quasi a evocare vette altissime. A completare l’atmosfera fiabesca, bianchi cigni veleggiano nel buio.

Chrissi

Cioè l’isola dorata, sebbene il suo vero nome sia Gaidouronìsi. Sei chilometri quadri di dune, sabbie chiare, finissime, cedri del Libano e acque di una bellezza commovente.

La si raggiunge in meno di un’ora di navigazione da Ieràpetra, con un boat-people che scarica orde di gitanti. Però qualche angolino più tranquillo attende i meno pigri. E se qui avrete la fortuna di scattare una foto con la vostra mente, vi resterà impressa per sempre.

Spinalonga

Spinalonga, isola-fortezza, eretta nel 1589 e in mano alla Serenissima Repubblica di Venezia fino al 1715, dal 1903 adibita a lebbrosario (uno degli ultimi in Europa), è disabitata dal 1957.

Mi arrampico fino al torrione e, mentre cammino lungo il suo perimetro interno, assemblando piccoli tasselli di panorama sul Golfo di Mirabello – catturati fra le merlature – penso che alla nostra specie è stato concesso di percepire soltanto i fotoni che pulsano in un piccolo intervallo di lunghezze d’onda: come osservare il mondo da una feritoia.

Al rientro dall’isola, al ristorante Vritomartes di Elounda, spuntino a base di “cheese pie” casalinga, gustosa quanto la focaccia al formaggio di Recco, anche se al posto del certosino viene impiegato lo Xinomizytra, un caprino locale.

Note a margine.

Propedeutico alla morte, il viaggio itinerante: ti allena al distacco da luoghi e persone.

D’estate, in Grecia: cielo azzurro assicurato. E l’anima si sente a casa.

Non un compagno d’avventure ma resoconti di viaggio per lettori sconosciuti: emozioni in differita.

A tenermi compagnia, i miei amici adorati: i libri. Non potrò scindere il ricordo di atmosfere e paesaggi dalle suggestioni che la lettura di queste duemila pagine mi ha regalato. I miei ringraziamenti vanno dunque ai seguenti autori:

 1) Al Marchese Donatien Alphonse François De Sade per il godibilissimo “Dialogo tra un prete e un moribondo”, terminato nel 1782, uscito per la prima volta nel 1926 e ora contenuto in “Strenne filosofiche”, volumetto pubblicato nel luglio di quest’anno da La Vita Felice. Interessante la prefazione di Matteo Noia: da un lato ripercorre la vita tribolata dell’autore durante quasi trent’anni di reclusione; dall’altro suggerisce stimolanti riflessioni sul rapporto fra scrittura, immaginazione e realtà.

 2) A Dostöevskij, per “Umiliati e offesi”, avvincente romanzo-feuilleton che il grande scrittore russo iniziò a concepire durante i lavori forzati in Siberia e terminò nel 1861, in pochi mesi di scrittura febbrile. Per lui non si trattava di un buon periodo. Eppure la sua ispirazione fu tanto forte da imporsi su i debiti, le perdite al gioco, gli amori burrascosi e le ricorrenti crisi epilettiche (fino a trenta attacchi all’anno). E non c’è da stupirsi che i numeri della rivista Vremja (Il Tempo), sulla quale il testo fu pubblicato a puntate, andassero a ruba. Indimenticabile il personaggio del Principe Valkovskij, figura di diabolica ipocrisia, costruita mediante finissimi artifizi psicologico-dialettici.

3) A Eva Cantarella, per “Ippopotami e Sirene”. In questo saggio vengono messi a confronto due differenti modi di concepire il viaggio nell’antichità. In Omero, più xenofobo, i popoli che Ulisse conosce nelle sue peripezie, appaiono piuttosto primitivi. E la vicenda fantastica offre continui spunti per richiamare il lettore ai nobili doveri che l’appartenenza alla civiltà greca impone. Erodoto, primo antropologo della storia, innamorato dell’ignoto, risulta invece affascinato dall’incontro con altre culture, sebbene nei suoi resoconti mescoli spesso storia e leggenda.

4) A Raj Jayawardhana per “Cacciatori di neutrini”. Centinaia di milioni di neutrini attraversano ogni secondo i nostri corpi. Non derivano solo da esplosioni di supernove ma vengono prodotti anche dalla fornace solare e nelle viscere della Terra. La loro concentrazione è tale che per ogni atomo del cosmo esiste un miliardo di neutrini. Il fisico teorico Boris Kajser ha addirittura affermato: “Se i neutrini non esistessero, noi non saremmo qui.” Ecco perché può tornare utile possedere qualche informazione in più su questi nostri misteriosi compagni di viaggio.

5) A Benedetto XVI e Piergiorgio Odifreddi per “Caro Papa Teologo, caro matematico ateo”. Appassionante dialogo tra fede e ragione, religione e scienza. Dal quale la Chiesa e i suoi stessi fondamenti teologici escono con le ossa rotte.

6) A Nikos Kazantzakis (nato nel 1883 a Iraklion, dove oggi riposa), per “Zorba il greco” il romanzo è ambientato a Creta, nel primo Novecento, in un’atmosfera primigenia, adamantina. Iniziato negli anni Trenta, portato a termine nel maggio ’43, il testo fu per la prima volta tradotto dal greco in italiano nel 2011, a opera di Nicola Crocetti. Con questo racconto, Kazantzakis insegna il coraggio del cuore e indica agli uomini la via per una saggezza panteistica. L’intera vicenda si configura come una sorta di ironico, audace vangelo laico che, attraverso lo strumento letterario, tratteggia una moderna filosofia di matrice ellenica ma di vocazione universale, nemica di chi sopravvaluta la ragione a scapito della gioia di vivere.

7) A Caleb Scharf per “I motori della gravità – L’altra faccia dei buchi neri”. Al centro della Via Lattea – popolata da duecento miliardi di stelle – “abita” un buco nero con una massa quattro milioni di volte il Sole, che assolve un duplice compito: tiene sotto controllo la produzione di stelle, evitando un eccessivo accrescimento della Galassia, e converte in energia una grande quantità di materia. Questa, in sintesi, la nuova e affascinante tesi cosmologica qui suggerita.


Lidia Sella, giornalista, scrittrice, aforista, poeta. Ha pubblicato sette libri. Due con il Gruppo Rizzoli: Amore come, Sonzogno, 1999; La roulette dell’Amore, Bur, 2000. E tre sillogi, con La Vita Felice: La figlia di Ar – Appunti interiori (2011); Eros, il dio lontano – Visioni sull’Amore in Occidente (2012); Strano virus il pensiero (2016). Nel 2019 ha dato alle stampe Pensieri superstiti con Puntoacapo Editrice. Nel 2020 è uscita con Pallottole, contro la dittatura dell’Uno OAKS Editrice.