Affaritaliani.it, 14 ottobre 2013


La politica pensa solo ai clandestini: perché non indire un referendum?

Corruzione politica, deregulation finanziaria e una pressione fiscale piratesca hanno ridotto la nazione in miseria. Quanti cittadini, italiani per diritto di sangue, si sono suicidati a causa dei debiti? Quanti sono gli italiani licenziati, esodati, cassintegrati e falliti che oggi cercano disperatamente lavoro? Quante le nostre imprese strozzate dalla concorrenza sleale delle multinazionali e da tassi bancari usurari? Quanti i pensionati costretti a elemosinare e umiliarsi, dopo una vita di onesto lavoro? Quante famiglie hanno perso la casa? Quanti i giovani costretti a emigrare per trovare un’occupazione? E mentre il Bel Paese cola a picco, svenduto a prezzi di saldo, Governo, Chiesa e mass media – ciechi e sordi di fronte a tanta tragedia, se non addirittura complici del nostro genocidio – ci martellano invece sull’obbligo dell’accoglienza, altro corollario al dogma della globalizzazione. Come se indirizzassero i loro messaggi e le loro reprimende a uno Stato florido, a un circolo di ricchi signorotti impegnati in opere benefiche. Ma sul reato di clandestinità, perché non indire un referendum?

O forse, qui da noi, il dissenso non ha più diritto di cittadinanza? Ovunque sia stata applicata, la formula del “melting pot” ha sortito effetti fallimentari, per non dire catastrofici. Lo studio della storia recente e passata dimostra senza ombra di dubbio che l’integrazione rappresenta non solo una bufala, e una chimera, ma anche un cancro sociale. Tuttavia questo farmaco suicida viene prescritto e imposto all’opinione pubblica europea quale panacea di tutti i mali. Una domanda affiora spontanea: alla nostra gente è ancora concessa la facoltà di decidere che cosa fare in casa propria? O, per non scatenare la reazione dei poteri forti, ci conviene subire senza fiatare questa subdola invasione? E come mai i nostri connazionali senzatetto, la notte dormono per strada, al freddo, fuori da cattedrali linde e riscaldate, chiuse a poveri e bisognosi? Perché poi questo Papa buonista non interviene ordinando di aprire i battenti delle basiliche italiane, e del Vaticano, a quelle schiere di diseredati stranieri che la C.E.I. ha contribuito a introdurre in Italia? Quando, sul problema spinoso dell’immigrazione e dell’integrazione, si leva qualche voce fuori dal coro, le viene di solito negata qualsiasi eco. Maggiore attenzione mediatica avrebbero ad esempio meritato, in quanto straordinari strumenti di riflessione sull’argomento, due articoli “contro-corrente”, pubblicati quest’anno sul Corriere della Sera. Ci riferiamo al pezzo di Giovanni Sartori del 17 giugno, intitolato “Ius soli: integrazione e una catena di equivoci. L’Italia non è una nazione meticcia. Ecco perché lo ius soli non funziona.” E al testo di Piero Ostellino “Eccesso di retorica: pietà per le vittime. Ma perché vergogna?”, uscito il 6 ottobre scorso. Ne suggeriamo la salutare lettura ai nostri governanti. Per evitare che importanti decisioni vengano prese in maniera avventata e superficiale, con ricadute gravi e ineluttabili sul futuro sia dei nostri figli e nipoti che dell’intero consesso civile. Anche i grillini farebbero bene a chiarirsi le idee su questo tema. E’ sufficiente una breve “traversata” nei loro siti (www.beppegrillo.it e/o www.movimento.info) per notare, al proposito, una congerie di opinioni contraddittorie. E se la base risulta ideologicamente poco coesa, i deputati del movimento 5 Stelle in compenso si comportano come le pecore di un gregge che, in mancanza del pastore e di un bravo cane, si disperdono lungo il pendio. Anziché perfezionare un meccanismo che la pochezza degli avversari e la crescente rabbia degli italiani potrebbero candidare alla vittoria, costoro sono infatti scivolati sul terreno dolciastro, demagogico e fumoso dei diritti umani, che forse a questo punto sono i diritti degli altri ma non i nostri. Strano che i militanti 5 stelle, così ben addestrati dai loro generali a sceverare la verità dalla menzogna, siano caduti in trappola. E non si siano accorti che dietro la rassicurante maschera dei diritti umani – veicolati dalla stampa di regime asservita alla dittatura del “politicamente corretto”- si celi in realtà un moderno e pericoloso cavallo di Troia, costruito dai sacerdoti del mercato globale allo scopo di amputare i popoli della loro sovranità, dopo averli scippati del sacrosanto diritto ad autoderminarsi. Per fortuna Grillo e Casaleggio sembrano aver capito che molti italiani sono stanchi di guerre per conto terzi (vedi Libia), di “missioni di pace”, di aiuti alle “primavere arabe”, di spese per ospitare gli immigrati, istruirli, curarli, sorvegliarli, processarli e mantenerli in carcere. Quasi il 50% dei detenuti trattenuti nelle prigioni di Stato sono stranieri. Al posto di costruire nuovi penitenziari o ricorrere a indulto e amnistia, non sarebbe sufficiente un decreto per espellere questi gentiluomini? Con un vantaggio aggiuntivo: su tale genere di rimedi, che oltretutto comporterebbero costi limitati, i partiti e la burocrazia non potrebbero lucrare, né lasciarsi corrompere, né applicare ulteriori tasse.


Lidia Sella, giornalista, scrittrice, aforista, poeta. Ha pubblicato sette libri. Due con il Gruppo Rizzoli: Amore come, Sonzogno, 1999; La roulette dell’Amore, Bur, 2000. E tre sillogi, con La Vita Felice: La figlia di Ar – Appunti interiori (2011); Eros, il dio lontano – Visioni sull’Amore in Occidente (2012); Strano virus il pensiero (2016). Nel 2019 ha dato alle stampe Pensieri superstiti con Puntoacapo Editrice. Nel 2020 è uscita con Pallottole, contro la dittatura dell’Uno OAKS Editrice.