Grand Hotel, 1 maggio 1998


Non posso avere un figlio e sto distruggendo il mio matrimonio

Marzia. 35 anni, postina «Che invidia per le amiche impegnate tutto il giorno con ciucciotti e biberon!»

Ho conosciuto Ettore quando ancora ero una ragazzina: siamo stati fidanzati per diverso tempo, poi siamo diventati marito e moglie. Il nostro è sempre stato un rapporto molto sereno, sorretto da una notevole complicità. I problemi veri sono iniziati quattro anni fa. È allora che io, all’età di trentuno anni, ho cominciato a desiderare di diventare madre. Provavo invidia per le amiche impegnate con ciucciotti e biberon! E loro magari erano anche più giovani di me. Tuttavia, dopo una serie di inutili tentativi e in seguito a una sequela di imbarazzanti accertamenti clinici, abbiamo scoperto che non avremmo potuto avere figli. In separata sede, i medici mi rivelarono però che le difficoltà maggiori dipendevano da Ettore. A quel punto sono piombata in una crisi profonda, tanto da pensare addirittura all’idea del divorzio. Cominciavo a credere che, per niente al mondo, avrei potuto rinunciare alla maternità. Sebbene mi rendessi conto, al tempo stesso, che senza mio marito non avrei potuto vivere. La mia ansia era poi aggravata dal fatto che non potevo confidarmi con lui: proprio non me la sentivo di rivelargli fino in fondo come stavano realmente le cose. Per diversi mesi sono caduta in crisi depressiva. Quando vedevo una mamma con in braccio un bimbo, non riuscivo a trattenere le lacrime e, una volta tornata a casa, consideravo Ettore in modo ostile. Stavo quasi impazzendo. Poi mi sono lasciata tentare da un compromesso, del quale ora mi vergogno: cercare un amante che mi ingravidasse. Il mio piano è riuscito. Adesso quindi, aspetto un figlio che non è di mio marito, mentre lui è convinto di esserne il padre. Io percepisco questa creatura che cresce dentro di me, giorno dopo giorno, e sono finalmente felice. Ma per quello che ho fatto sto pagando un prezzo altissimo: non passa giorno senza che mi senta perseguitata dal senso di colpa. Come farò a resistere all’angoscia di un simile rimorso? Come riuscirò a mentire per tutta la vita all’uomo che amo? E se un giorno Ettore dovesse scoprire la verità, che ne sarebbe di me e di mio figlio?».

 Scopriamo insieme perché

Marzia ha scelto una soluzione discutibile: nei confronti del suo uomo, non avrebbe potuto ordire inganno peggiore. La sua è stata una scelta per molti versi esecrabile ma che, nonostante tutto, non manca di una certa logica. Marzia è diventata ostaggio del suo desiderio di diventare madre, al punto da calpestare le più elementari regole dell’amore.

Il suo istinto a procreare si è imposto in maniera così prepotente, da scatenare in lei un coraggio enorme e, in fondo, insospettato. Ormai “il dado è tratto”. A questo punto, consigliamo a Marzia di tenersi il suo doloroso segreto per sempre, con l’augurio che suo marito non arrivi a scoprirlo. Marzia, intanto, potrebbe ritrovare un po’ di pace cercando, se possibile, di perdonarsi questo gesto sconsiderato. Tradire Ettore in questo modo è stato meschino e scorretto, tuttavia a volte il desiderio di maternità può essere così forte da non arrestarsi nemmeno di fronte a solide barriere morali.

Nicoletta. 38 anni, commessa «Non perdono a mio marito di aver detto di no alle cure contro la sterilità.»

Ho sempre avuto la vocazione di fare la mamma, fin da ragazzina, e una volta, quando avevo 19 anni, sono anche rimasta incinta. Ma il padre era uno scapestrato, un irresponsabile, un poco di buono e perciò non me la sono sentita di tenere quel bimbo. Dopodiché, a 28 anni, mi sono sposata con Roberto e a lui non ho mai raccontato di questo episodio. Avevamo progettato di creare una famiglia numerosa, era questo il nostro sogno. Poi, siccome io non riuscivo a rimanere incinta, ci siamo sottoposti a un’infinità di esami. Lui si convinse che la colpa fosse mia, mentre io sapevo perfettamente che il problema non dipendeva da me. Ciononostante, continuavo a ingoiare le sue accuse. I risultati, in effetti, confermarono ciò che già sapevo e i medici consigliarono a mio marito una serie di cure per guarire la sterilità. Ma lui non volle sottoporsi a queste terapie, in quanto le considerava avvilenti. Dopodiché cominciammo a parlare di adozione e, alla fine, in casa nostra entrò una bimba stupenda: Valentina. Sono passati dieci anni da allora, ma con il tempo il mio matrimonio è entrato in crisi. A mio marito non ho mai perdonato di non aver accettato le cure dei medici. Per tutto questo tempo, nonostante l’amore che provo per Valentina, non ho mai smesso di desiderare un figlio mio e ho persino cominciato a odiare Roberto che, invece, non si è mai più posto problemi a riguardo. Adesso con lui non parlo, non faccio l’amore e oltretutto ho da poco scoperto che mi tradisce. Da quando conosco la verità, la sua presenza in casa mi è divenuta odiosa e non credo potrò tollerare ancora a lungo di restare al suo fianco. D’altronde, come potrei andarmene? Se questa figlia fosse stata nostra, mi sarei fatta comunque un sacco di problemi. Ma, con una bimba adottiva, trovarsi in una situazione del genere risulta ancor più complicato. Abbiamo adottato Valentina per soddisfare il nostro desiderio di essere genitori, ma anche per offrirle una famiglia dove crescere serena. Quindi, come potrei privarla di quella stabilità affettiva di cui lei ha tanto bisogno? Insomma, non so proprio che pesci pigliare. Quando sono sola piango e a volte mi capita addirittura di pensare una cosa assurda: se Valentina non ci fosse, se non avessi insistito tanto per adottarla, adesso potrei separarmi senza sensi di colpa e trovare un altro uomo con il quale avere finalmente un figlio tutto mio, con i miei stessi occhi, il mio stesso sorriso…».

Scopriamo insieme perché

Nicoletta è segnata dalia sua maternità mancata: la sua pulsione a generare è tanto forte da influenzarle l’intera sfera sentimentale.

Il suo grande cruccio è non aver avuto un figlio suo, non è riuscita a sublimare questo rimpianto nell’amore per Roberto. E per Valentina.

Anzi, avere un figlio tutto suo è diventata un’ossessione, tanto da farle odiare questo marito, che non ha voluto seguire i consigli dei medici. Se oggi il loro matrimonio è in crisi, forse, è proprio colpa sua e non solo di Roberto che si è cercato un’amante. Comunque ciò che importa è che Nicoletta nutre verso Valentina un’infinita tenerezza e un attaccamento ammirevole. E proprio per questo non dovrebbe farsi condizionare più di tanto dal problema di voler a tutti costi garantire una famiglia alla bambina. L’amore che ha dimostrato a sua figlia, sebbene velato da un lieve risentimento, non è poca cosa. Forse, per Valentina, sarebbe meglio crescere con dei genitori separati, piuttosto che sopportare un rapporto fra coniugi che non si amano più.

Qualche volta la mancata maternità può compromettere un’unione. Le vie d’uscita sono difficili, complesse. Ma niente è impossibile, se si ama davvero.

Simone. 40 anni, bancario «Sulle guance di mia moglie sono scese due grosse lacrime quando ha saputo di non poter rimanere incinta»

«Quando ho incontrato Irene per la prima volta lei aveva 20 anni, io 28, e mi ero separato da poco dalla mia prima moglie. Il nostro è stato un grande amore, sfociato in un matrimonio dolcissimo. All’inizio tutto filava liscio come l’olio: lei era dolce, affettuosa, comprensiva, disponibile e rispecchiava in tutto e per tutto la mia donna ideale; io, in compenso, la coccolavo sempre, la riempivo di attenzioni, regali, sorprese. Insomma, un vero idillio. Poi, si sa, nella realtà, le fiabe non durano a lungo. Così, a un certo punto, è finita anche per noi. Quel giorno in cui all’ospedale, dopo una serie di accettamenti, ci hanno detto che non potevamo avere figli: lei si è accasciata su una poltrona della sala d’aspetto, sul suo viso è affiorata una tristezza profonda e due grosse lacrime le sono scese sulle guance. Diventare madre rappresentava per lei un traguardo irrinunciabile, una condizione indispensabile perché il nostro matrimonio potesse stare in piedi. “Senza figli noi due non siamo veramente marito e moglie”, ripeteva Irene. Io invece rimanevo convinto che ciò che importa è amarsi e desiderarsi e che anche senza bimbi si possa vivere felici. Per accontentarla, le abbiamo provate tutte, compresa l’inseminazione artificiale. Niente da fare, lei non è rimasta incinta e, a quel punto, il nostro rapporto ha cominciato a sgretolarsi, in un crescendo di continue accuse e ripicche. Ormai la nostra storia è finita e, purtroppo, ci stiamo lasciando. Però, ogni tanto, penso che se Irene non avesse desiderato così intensamente la maternità, avremmo potuto invecchiare l’uno accanto all’altra, godendo di quella intesa che sembrava non si sarebbe spezzata mai.»

 Scopriamo insieme perché

Simone si è sforzato di capire i sentimenti di Irene, ma la sua buona volontà non è stata premiata. Lui non condivideva fino in fondo la voglia di lei di avere figli, eppure ha cercato di assecondare l’istinto materno della sua compagna, anche ricorrendo a tutti quei mezzi che la scienza offre. Ma il ricorso fallimentare all’inseminazione artificiale ha peggiorato la situazione, precipitando Simone e Irene in una profonda crisi matrimoniale. Forse se Simone avesse fatto un po’ la voce grossa, sarebbe riuscito a convincere sua moglie a evitare tanta inutile sofferenza. Ad ogni modo, non tutto è perduto. Lui sembra ancora innamorato di lei e può tentare di riconquistarla.


Lidia Sella, giornalista, scrittrice, aforista, poeta. Ha pubblicato sette libri. Due con il Gruppo Rizzoli: Amore come, Sonzogno, 1999; La roulette dell’Amore, Bur, 2000. E tre sillogi, con La Vita Felice: La figlia di Ar – Appunti interiori (2011); Eros, il dio lontano – Visioni sull’Amore in Occidente (2012); Strano virus il pensiero (2016). Nel 2019 ha dato alle stampe Pensieri superstiti con Puntoacapo Editrice. Nel 2020 è uscita con Pallottole, contro la dittatura dell’Uno OAKS Editrice.