Talete, 12 aprile 1997


LA FEDE IN HERMANN HESSE

Hermann Hesse, nei suoi romanzi, affronta spesso il tema della contrapposizione fra lusinghe del piacere e delizie dello spirito. L’insanabile conflitto fra etica ed estetica, che in “aut aut” di Soren Kierkegaard prende la forma di un appassionante dialogo filosofico, nelle pagine di Hesse si arricchisce di un importante anelito mistico, alla ricerca di un senso religioso del vivere.

In “Narciso e Boccadoro”, ne “La conversione di Casanova”, e in “Padre Matthias”, l’autore si spinge a esplorare, nei meandri dell’animo umano, le attrattive mondane e le illuminazioni religiose. “Narciso e Boccadoro” è una favola simbolica, scritta nel 1930, e ambientata nell’epoca del cattolicesimo monastico. Narciso è un giovane insegnante, un erudito saggio, dotato di un’intelligenza superiore. Sguardo fiero e modi cavallereschi. Grande la sua padronanza della lingua greca. Ha il potere di leggere negli altri i pensieri più reconditi. Incline all’ascesi, alla speculazione, è votato alla vita claustrale e destinato a percorrere tutte le tappe di una brillante carriera religiosa. Boccadoro, suo allievo, è un individuo istintivo, passionale, dotato di sensi forti e delicati, un sognatore e un artista, pieno di intuizioni geniali, immaginazione e fantasia, natura votata all’amore in ogni sua declinazione. La sua felicità consiste nell’infiammarsi, e donarsi, con tutto se stesso. Fra questi due uomini eccezionali, seppure diversissimi fra loro, nasce un’amicizia profonda, un legame che sopravviverà alle insidie del tempo e alle minacce della distanza, un sodalizio intellettuale e affettivo di grande spessore, sintonia rara e preziosa che li unirà sino alla morte.

Così Narciso parla a Boccadoro: “Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, o il mare e la terra. La nostra meta non è di trasformarci l’uno nell’altro, ma di conoscerci l’un l’altro, rispettando nell’altro il nostro opposto e il nostro completamento. Le nature come la tua, gli ispirati, i poeti, gli amanti, sono quasi sempre superiori a noi uomini di pensiero. La vostra origine è materna. Voi vivete nella pienezza, a voi è data la forza dell’esperienza. Noi intellettuali, che sembriamo spesso guidarvi e dirigenti, viviamo nell’aridità. A voi appartiene il succo dei frutti e il paese dell’arte.

La vostra patria è la terra, la nostra l’idea. Il vostro pericolo è di affogare nel mondo dei sensi, il nostro di asfissiare nel vuoto. Tu dormi sul petto della madre, io veglio nel deserto…”.

Il bisogno di emozioni di Boccadoro lo spingerà, proprio come Narciso aveva pronosticato, a lasciare il convento, inseguendo una verità che cercherà nelle forme delle donne, nella loro tenerezza, malinconia, sofferenza, voluttà, estasi e gioia, nella lotta e nella morte. E, più che mai, nell’arte. Si bagnerà nelle acque dell’effimero, per riemergerne scoprendo il piacere di aspirare all’eterno. Diventerà scultore e, nelle sue opere, confluirà ciò che di più drammaticamente umano avrà conosciuto. La bellezza che saprà creare lo condurrà a una perfezione carica di segreti, nostalgie, significati. E al tempo stesso, più vicina al mistero, all’innocenza e alla grazia, a Dio, al nulla.

Narciso, del resto, aveva previsto anche questo. Quando aveva spiegato a Boccadoro che le strade per la salvezza sono disseminate di ostacoli anche dolorosi, e che un Dio non si accede solo attraverso il Bene. La dicotomia “materia-spirito” si ripresenta anche nel dittico di racconti portato a termine da Hesse fra il 1906 e il 1910, di cui fanno parte “La conversione di Casanova” e “Padre Matthias”. Nel suo lungo peregrinare di viaggiatore colto, Casanova si trova a un certo punto a visitare, nei dintorni di Zurigo, un antico monastero benedettino. Qui l’abate l’accoglie con simpatia e benevolenza, ascoltando divertito la sua lunga, avvincente confessione. Forse attratto dall’atmosfera di pace del convento, Casanova finisce così per accarezzare il proposito di farsi monaco, deciso finalmente a voltare le spalle al lusso e ai piaceri proibiti cui è avvezzo. Tuttavia, quando ormai ogni cosa è predisposta, ecco apparire all’orizzonte una donna bella, dal fascino irresistibile. Un evento imprevisto, tutto sommato banale, sufficiente però a mandare in fumo il suo progetto di santità. Insomma, le sue convinzioni già traballanti vacillano ed è l’umana debolezza a prevalere.

Altro personaggio di Hesse che vediamo dibattersi nell’inutile, disperato tentativo di non cadere vittima del peccato, è Padre Matthias. Una figura enigmatica, ambigua, un sacerdote nel pieno vigore degli anni, dai modi affabili. I superiori lo stimano soprattutto per la sua abilità nel far prediche capaci di fruttare cospicue elemosine. Eppure, dietro a un’apparente serenità, cela un carattere mutevole, incostante, nel quale alberga qualcosa di tenebroso e inquietante. Il rispetto della disciplina è il suo tallone d’Achille e lui si trova condannato a fronteggiare una crisi d’identità dopo l’altra. Come se la sua onestà, il senso del dovere e la sua forza di volontà funzionassero a corrente alternata. Tant’è che, sovente, gli accade di infrangere i voti monastici per correr dietro a qualche femmina avvenente. Anche se da questo genere di avventure esce sempre pieno di rimorsi.

In compenso, quando si concede questi eccitanti, rischiosi strappi alla regola, ha l’accortezza di indossare panni borghesi, al posto della tonaca. Grazie a tale espediente, riesce perciò a tener segreta la sua attività di libertino e a conservare una reputazione irreprensibile. Ma solo sino a che non si ficcherà in un brutto pasticcio. Finirà nei guai per colpa di una prostituta e del suo protettore. Costoro, dopo averlo fatto ubriacare per bene, lo deruberanno di un’ingente somma, frutto delle generose offerte dei fedeli. A questo punto dovrà risolvere il grande dilemma: scappare e non farsi più trovare, oppure restituire alla Chiesa il maltolto e mettersi nelle mani della giustizia. Padre Matthias sceglierà con coraggio la soluzione più difficile, quella che è la sua coscienza di cristiano a suggerigli. Il tribunale ecclesiastico lo castigherà con una dura pena e verrà segnato a dito dalla pubblica opinione. Sarà questo il prezzo del suo riscatto morale. Il futuro gli riserva tuttavia un’ennesima sorpresa: lascerà l’abito talare per amore di una nobile signora.

Il breve excursus fra queste opere ci consente di affermare che in definitiva, Hesse riflette sovente sull’irriducibile contrasto fra realtà sensibile e mondo delle idee, fra eros e logos, fra dimensione immanente e trascendente. Quasi volesse indicarci una via per integrare componenti così antitetiche dell’essere umano, e desiderasse dipanare quel groviglio di contraddizioni nel quale siamo intrappolati.

Come se Hesse volesse spiegarci perchè talvolta voliamo verso Dio e altre ripiombiamo nelle nostre miserie, vittime impotenti di istinti meschini.


Lidia Sella, giornalista, scrittrice, aforista, poeta. Ha pubblicato sette libri. Due con il Gruppo Rizzoli: Amore come, Sonzogno, 1999; La roulette dell’Amore, Bur, 2000. E tre sillogi, con La Vita Felice: La figlia di Ar – Appunti interiori (2011); Eros, il dio lontano – Visioni sull’Amore in Occidente (2012); Strano virus il pensiero (2016). Nel 2019 ha dato alle stampe Pensieri superstiti con Puntoacapo Editrice. Nel 2020 è uscita con Pallottole, contro la dittatura dell’Uno OAKS Editrice.