Rinascita, 20 aprile 2007


Pietà Rondanini: Michelangelo

Michelangelo aveva dato l’avvio alla Pietà Rondanini attorno al 1550 e l’aveva poi accantonata per un lungo periodo, per riprenderla soltanto nell’ultimo anno di vita, fra il 1563 e il 1564, alla veneranda età di ottantanove anni.

“E lavorò in piedi, studiando sopra quel corpo della Pietà”, fino a quattro giorni prima di morire.È Daniele da Volterra, suo allievo, in una lettera indirizzata al Vasari, a tramandarci questa notizia.

Quel corpo scarnificato – già fantasma di se stesso – s’allunga simile a una fiamma e le sue lingue di fuoco, esili, eteree, affusolate, s’arrampicano sino alle altezze dello spirito: materia che brucia e si affranca dal vincolo della forma terrena, per librarsi fino alle serene contrade dell’anima. Il Cristo defunto e la Madonna che lo sorregge, lo sovrasta, lo ingloba. Quelle due figure smagrite, consunte, graffiate, “attaccate insieme”… Le membra avvinte in un abbraccio estremo, in cui la morte sembra specchiarsi nella vita e quasi coincidere con essa, così vicina – di nuovo – alla buia pace del grembo materno.

Volti scavati, abrasi, solo abbozzati, che nemmeno l’instancabile scalpello del disfacimento potrà mai derubare della loro sublime, sofferta umanità.

Forse – come ha osservato Papini nella “Vita di Michelangiolo” – colui che fin da giovane aveva sezionato cadaveri, scolpito sepolcri e dipinto la resurrezione, sulla morte ci rimuginava da sempre. Tant’è vero che aveva scritto persino: “Non v’è pensiero in me che non porti scolpita la morte”. Come avrebbe potuto, altrimenti, isolarne così mirabilmente il nettare e colarlo nella pietra, miscelandolo oltretutto con una nostalgia della vita tanto struggente?

Quando tento di allontanarmi dalla Pietà, provo un’afflizione indicibile, il dolore di un distacco definitivo, come se la mia vita fosse lì lì per spegnersi e mi trovassi faccia a faccia con la morte.

Forse Michelangelo aveva puntato proprio a questo: divulgare il suo privatissimo colloquio con la morte – e renderlo universale – attraverso un mezzo capace di suscitare nei posteri la medesima angoscia che lui aveva affrontato nelle sue ultime ore.


Lidia Sella, giornalista, scrittrice, aforista, poeta. Ha pubblicato sette libri. Due con il Gruppo Rizzoli: Amore come, Sonzogno, 1999; La roulette dell’Amore, Bur, 2000. E tre sillogi, con La Vita Felice: La figlia di Ar – Appunti interiori (2011); Eros, il dio lontano – Visioni sull’Amore in Occidente (2012); Strano virus il pensiero (2016). Nel 2019 ha dato alle stampe Pensieri superstiti con Puntoacapo Editrice. Nel 2020 è uscita con Pallottole, contro la dittatura dell’Uno OAKS Editrice.