Il Porticciolo, giugno 2015


 Quattro estati sulle Dolomiti

Sulle Dolomiti, nelle estati fra il 1907 e il 1910, Mahler ha composto le sue ultime opere, immerso nella bellezza del paesaggio, alla continua ricerca di se stesso e alle prese con la moglie Alma, giovane e irrequieta.

Gustav Mahler, geniale compositore e direttore d’orchestra di fama mondiale, era nato a Kalìstè, piccolo villaggio della Boemia, il 7 luglio del 1860, da famiglia ebraica. La prima volta che capitò sulle Dolomiti fu nel 1907, d’estate, in quella stagione che era solito consacrare al demone della composizione: aveva appena compiuto quarantasette anni.

Fra le braccia di queste montagne incantate cercava rifugio al suo dolore. Aveva bisogno di conforto, serenità, ispirazione. “La bruttezza è un’offesa fatta a Dio”, amava ripetere. Ecco forse perché si innamorò di questi paesaggi. Qui la bellezza della natura è un bene tangibile, dilaga ovunque, e appaga l’anima. Ferite da medicare Mahler ne aveva tante, dalle più antiche alle più recenti. Non aveva avuto una vita facile.

L’infanzia e l’adolescenza si erano consumate per lui in una sorta di inferno domestico, segnato dalle scenate di un padre autoritario e brutale. Gustav era cresciuto in condizioni piuttosto miserevoli, in una casa dove la morte aveva rapito, anche in tenera età, molti dei suoi fratelli.

Sul piano professionale, aveva affrontato una scalata lunga e faticosa. Ma alla fine era giunto in vetta: a parte una vasta produzione di Lieder, aveva doppiato il traguardo dell’Ottava Sinfonia. Anche se, per i contemporanei, la sua opera risultava spesso troppo innovativa.

Dal 1897 era stato nominato Kappelmeister e direttore artistico del Teatro di Corte di Vienna e, dal 1898, direttore della Filarmonica.

Proprio nel giugno 1907 fu tuttavia costretto a dimettersi. Oltre ai soliti intrighi di potere e alle inevitabili beghe fra musicisti, si erano aggiunte forti resistenze antisemite nei suoi confronti. A nulla era valso l’appello in suo favore sottoscritto da un folto gruppo di intellettuali fra i quali Hugo von Hoffmannsthal, Arthur Schnitzler, Arnold Schònberg, Gustav Klimt e Sigmund Freud. Mahler riuscì comunque ad assicurarsi un contratto con il Metropolitan di New York dove, a partire dal primo gennaio 1908, lì avrebbe diretto Wagner, Mozart e Beethoven.

 In ambito sentimentale, decisivi per lui furono i primi anni del secolo. Alla fine del 1901 Mahler incontrò Alma Schindler, bella, brillante, dotata per la musica. E giovanissima: aveva vent’anni meno di lui. Pochi mesi dopo, nel marzo 1902, l’aveva già sposata. Da quell’unione nacquero due bimbe. La maggiore, Maria, spirò il 5 luglio 1907, stroncata da una malattia infettiva. Scenario della tragedia, lo chalet di Mairnigg, in

Carinzia, luogo di villeggiatura della famiglia Mahler. Gustav e Alma fuggirono di lì, esplorando le valli attorno a Dobbiaco, la Toblach di un tempo, nell’illusione di trovare un po’ di sollievo al tragico lutto. Come due naufraghi alla deriva, approdarono in Tirolo, a Schluderbach – oggi Carbonili Nuova – un paesino ai piedi delle Cime di Lavaredo. In quel periodo un celebre cardiologo confermò a Mahler la diagnosi di “vizio valvolare”. Di conseguenza il compositore fu costretto a rinunciare alle sue attività sportive preferite: alpinismo, nuoto e bicicletta. Pertanto non gli restò che passeggiare. In quelle camminate solitarie, girovagando fra i monti a caccia di idee, e di suoni, era solito portare con sé “Il flauto cinese”, un’antologia di liriche tradotte da Hans Bethge. Su alcuni testi di tale raccolta iniziò a comporre quella musica meravigliosa, carica di angoscia e rassegnazione che, in seguito, sarebbe confluita nel “Das Lied von der Erde”, “II Canto della Terra”.

 Venduta la villa di Mairnigg, poiché evocava ricordi troppo amari, come destinazione per la pausa estiva del 1908 i Mahler scelsero Carbonin Vecchia – ex Alt-Schluderbach – splendida località della Val Pusteria, appena fuori Dobbiaco, dove trovarono sistemazione al primo piano di una casa contadina. Gustav, preoccupato sopratutto di poter comporre in santa pace, aveva fatto trasportare il suo pianoforte in una casupola di legno, situata a poche centinaia di metri da lì, nella zona del maso Trenker, in una radura ai margini del bosco. Nel complesso si trattò di un soggiorno abbastanza malinconico. Il rapporto con Alma si era via via sfilacciato. Nei suoi ricordi, a proposito di quella triste estate, lei rammenta che qualunque tentativo per distrarlo era destinato a fallire. Gustav aveva due chiodi fissi: la perdita dell’adorata figlia e il fantasma della propria malattia. Il lavoro restava il suo unico rifugio: si dedicò con rinnovato fervore al “Das Lied von der Erde” e diede avvio alla Nona Sinfonia.

Nell’estate 1909 Mahler è di nuovo a Dobbiaco. Alma, un po’ depressa, si reca a Levico con la piccola Anna – la secondogenita – per concedersi un periodo di cure e relax. Tutto solo nella sua dependance, e in preda a un irrefrenabile furore creativo, fra luglio e settembre Gustav porta a termine la stesura della Nona, e inizia a strumentarla. Secondo Quirino Principe – autorevole critico musicale e illustre germanista – il messaggio della Nona è questo: “Trovare significato nel reale, e pace malgrado il silenzio di Dio; e riuscire ad amare l’universo pur sapendolo mortale”. Se dunque il travaglio interiore di Mahler era tanto forte, ben si può comprendere come ogni minimo rumore urtasse la sua sensibilità esasperata. In un’epistola alla moglie, spedita da Dobbiaco il 24 giugno, si lamenta del cane che abbaia, si lagna perché i vetri delle finestre tintinnano e i contadini bisbigliano…Il suo umore in effetti non doveva essere dei migliori se, in una lettera inviata in quei giorni al fisico Arnold Berliner, suo caro amico, diceva: “Quando vieni a farmi visita? Troverai sempre un letto comodo, una stanza piacevole, e libri interessanti, nuovi per te… si garantisce un’assoluta tranquillità per le meditazioni sul suicidio.”

 1910: un’estate movimentata. Marito e moglie arrivano insieme a Dobbiaco. Ma Alma, sempre più insofferente, si inventa un pretesto per allontanarsi da lui. Quasi subito infatti riparte alla volta di Tobelbad, vicino a Graz, nella speranza di rimettere in sesto i suoi nervi malati. Ancora solo, e fisicamente malandato, Mahler si concentra sull’adagio della Decima, sublime capolavoro rimasto purtroppo incompiuto. E in solitudine trascorre anche il 7 luglio, giorno del suo cinquantesimo e ultimo compleanno.

 Lei, nel frattempo, non disdegna la corte di Walter Gropius, il giovane architetto berlinese allora ventisettenne, futuro fondatore del Bauhaus, che le viene presentato dal direttore dello stabilimento termale, nell’intento di renderle la permanenza meno noiosa. Françoise Giroud, l’autrice della biografia dal titolo “Alma Mahler o l’arte di essere amata” (Garzanti, 1995) sostiene addirittura che, travolti da insana passione, i due non tardarono a diventare amanti. Ad ogni modo questa vicenda risveglia la gelosia di Gustav che, per il terrore di perdere la sua Musa, si precipita a recuperarla. Rientrati a Dobbiaco, i coniugi passano momenti di grave tensione e infelicità. Gropius, disperato, scrive ad Alma una missiva di fuoco, in cui le propone di vivere insieme e, per uno strano scherzo dell’inconscio, la indirizza “Al direttore Mahler”. Quando Gustav la riceve, è al pianoforte. Esplode la lite: lei, piangendo, lo accusa d’aver soffocato la sua giovinezza, di aver frustrato le sue aspirazioni di donna, e di artista… Risultato? Lui si sente in colpa e, d’un tratto, si scopre di nuovo innamorato, follemente innamorato… Intanto Gropius, pazzo di lei, la raggiunge a Dobbiaco. I due rivali si fronteggiano in casa Mahler, con Alma chiusa nella propria camera. Al termine del colloquio, Gustav non le rivolge che poche parole: “Quel che fai, sarà ben fatto. Deciditi!”. Sebbene in crisi, lei si accorge che non saprebbe rinunciare al suo Gustav e, l’indomani, accompagna al treno lo spasimante deluso (col quale, di fatto, convolerà a nozze soltanto nel 1915). Gropius, dal canto suo, non si rassegna. E sommerge Alma di lettere e telegrammi. Mahler, in preda al delirio amoroso, si sfoga appuntando sulla partitura della Decima lamenti e invocazioni d’amore. Sconvolto, lascia sul comodino di Alma bigliettini di un romanticismo esaltato e un po’ stucchevole, che lei legge al risveglio: “Respiro della mia vita, ho baciato mille volte le tue pantofoline, e lo struggimento mi ha tenuto a lungo alla tua porta. (…) Ma devo andarmene! La mia principessa mi ha esiliato. Che tu sia benedetta, amor mio (…) ogni battito del mio cuore è per te”. Nonostante la sua fosse una personalità dai tratti nevrotici, il tormento che Mahler provava sembra autentico.

Nel mese di agosto il compositore soffre di gravi crisi cardiache, che si sforza di tenere nascoste alla moglie. L’ossessione che lo induce a considerarsi troppo vecchio rispetto ad Alma finisce poi per riflettersi anche sulla sfera sessuale. Si risolve a consultare Sigmund Freud, che lo riceve a Leyden, in Olanda, in un caldo pomeriggio d’agosto. La conversazione dura quattro ore e il grande luminare della psicanalisi lo rassicura, spiegandogli che l’età non costituiva un ostacolo al suo amore, poiché in lui Alma ritrovava il padre che aveva perduto quando non aveva che tredici anni. E altre simili farneticazioni… Gustav torna a Dobbiaco un po’ rinfrancato. Per compiacere Alma, decide persino di dedicarle l’Ottava Sinfonia. Ma scovare rimedi efficaci per risollevare le sorti di un’intesa tanto compromessa non era impresa da poco.

Gravato da questo oscuro malessere – sia fisico che psicologico – all’inizio di settembre Mahler si reca a Monaco, per dirigere la prima assoluta dell’Ottava Sinfonia, ottenendo un successo di pubblico memorabile. Dopodiché prosegue per Vienna, dove si trattiene sino alla fine di ottobre, debilitato da un riacutizzarsi della tonsillite che era alla base della sua patologia cardiaca. Negli Stati Uniti lo attende una tournée massacrante: quarantotto concerti in poco più di due mesi. Finché, il 20 febbraio 1911, va incontro a una ricaduta della tonsillite, con febbre alta. Il 21 febbraio, alla Carnegie Hall, dirige l’ultimo concerto della sua vita. La diagnosi, formulata il giorno dopo, è di “endocardite batterica da streptococco viridans”. L’8 aprile Mahler viene trasportato sulla nave che lo riporterà in Europa. Morirà al sanatorio Loew di Vienna, la sera del 18 maggio. A Dobbiaco, l’estate del 1911, non tornò più.


Lidia Sella, giornalista, scrittrice, aforista, poeta. Ha pubblicato sette libri. Due con il Gruppo Rizzoli: Amore come, Sonzogno, 1999; La roulette dell’Amore, Bur, 2000. E tre sillogi, con La Vita Felice: La figlia di Ar – Appunti interiori (2011); Eros, il dio lontano – Visioni sull’Amore in Occidente (2012); Strano virus il pensiero (2016). Nel 2019 ha dato alle stampe Pensieri superstiti con Puntoacapo Editrice. Nel 2020 è uscita con Pallottole, contro la dittatura dell’Uno OAKS Editrice.