Si parla tanto del Mito della Porsche. Ma com’è nato, qual è la sua origine? Ce lo spiega Ovidio, nel II libro delle Metamorfosi, regalandoci alcune fra le più belle pagine della letteratura di tutti i tempi.
Il Sole sedeva, avvolto in un manto purpureo, su un trono scintillante di fulgidi smeraldi. A destra e a sinistra, stavano il Giorno e il Mese e l’Anno, e i Secoli, e le Ore, disposte a uguale distanza l’una dall’altra; stava la Primavera, incoronata di fiori, stava l’Estate, nuda, che portava ghirlande di spighe, stava l’Autunno, adorno di grappoli d’uva e foglie sgargianti e l’Inverno ghiaccio, con i bianchi capelli irrigiditi. Con i suoi occhi che scorgono ogni cosa, il Sole, seduto al centro, vide il giovane e gli disse: “Che cosa cerchi su questa rocca, Fetonte, rampollo mio? Chiedi quel che vuoi, e l’otterrai: io te lo concederò.” Aveva appena finito, che quello gli chiese il cocchio e il permesso di guidare per un giorno i cavalli dai piedi alati. Scuotendo tre o quattro volte il capo luminoso, il padre esclamò: “Grande cosa chiedi Fetonte, una cosa che non si confà né a queste tue forze né a questa tua età, così tenera. Nessuno all’infuori di me sa stare sul cocchio fiammeggiante, neppure Giove, il signore del vasto Olimpo. Ripida è all’inizio la via, tanto che a fatica vi s’inerpicano i cavalli, pur freschi al mattino; poi, a metà del tragitto, la pista corre altissima nel cielo, e molte volte io stesso provo timore a guardare di lassù il mare e la terra, e il petto mi trepida di paura e sgomento; l’ultimo tratto è una china a strapiombo, che richiede mano ferma… Immagina di avere il cocchio: che farai? Riuscirai ad avanzare contro il roteare dei poli senza che la velocità ti porti via? Forse pensi che lì ci siano boschi sacri e città di dei e templi ricchi di doni? Ebbene, ti sbagli. Per quanto tu segua la via giusta senza sbagliare, pure dovrai avventurarti fra le corna del Toro e sfidare le fauci del furioso Leone e sfuggire alle chele crudeli del Granchio e dello Scorpione… Piuttosto, guarda di quante cose è ricco il mondo intorno… chiedimi qualcos’altro: nulla ti rifiuterò! Ma esprimi un desiderio più saggio.” Lo aveva ammonito. Tuttavia il giovane non vuol sentir discorsi e insiste nella sua idea, e smania dalla voglia di guidare. E allora, dopo aver indugiato il più possibile, il genitore lo conduce all’alto cocchio… D’oro era l’asse, d’oro era la stanga, d’oro il cerchio delle ruote, d’argento la serie di raggi. I gioghi, coperti di gemme e topazi, rimandavano al Sole sfavillanti bagliori. Balza dunque Fetonte col suo giovane corpo sul carro volante, tutto impettito, felice di stringere finalmente in mano le briglie…Quand’ecco che, come per magia, si ritrova a bordo d’una splendida Porsche Boxster grigio argento. Si sofferma per un istante a osservare il prodigioso meccanismo della capote che si apre elettricamente… Però sa che ritardare non gli è permesso, tocca a lui: l’Aurora, scacciate le tenebre, risplende. Così, premendo sull’acceleratore, le chiome al vento, si lancia nella sua corsa sfrenata lungo la linea dell’eclittica. Sparse qua e là per il cielo screziato, strane forme di animali – le costellazioni lucenti – paiono muoversi incontro a lui. Quasi a volerlo sfiorare. Dietro le spalle si è ormai lasciato buona parte del cielo, ma davanti ce n’è di più… Il suo bolide, a questo punto, subisce un’altra metamorfosi, assumendo le forme d’un’incantevole Porsche 911 blu oltremare. La vettura vola, raggiunge addirittura i 280 chilometri orari, e la velocità lo inebria, come la carezza d’una donna sensuale… Alla guida d’un mezzo tanto potente e sicuro, Fetonte diventa euforico, spavaldo, e le preoccupazioni di suo padre, adesso, gli sembrano ancor più illogiche… Si volge a guardare dall’alto, la Terra, che si stende in basso, ormai lontana, lontanissima…
E si sente come un Dio…