Corriere Medico, 4/5 maggio 1993


SI ESVOLTO A FIRENZE IL IV CORSO DI AGGIORNAMENTO IN PEDODONZIA

SORRISI DI BIMBI

Un intervento precoce, e mirato consente di risolvere casi di disgnazia, correggendo le anomalie a carico dell’apparato scheletrico mascellare e mandibolare. “Oggi, la malformazione facciale, se intercettata precocemente, non costituisce più un problema insolubile”, afferma il professor Damaso Caprioglio, docente di odontoiatria all’Università di Parma e di ortodonzia all’Università di Cagliari, nonché presidente dell’Associazione italiana di odontoiatria infantile, intervenuto al IV corso di aggiornamento in pedodonzia, organizzato a Firenze dalla Società Italiana di Odontoiatria Infantile. La disgnazia riguarda le anomalie a carico dell’apparato scheletrico mascellare superiore e mandibolare. E come tale, in generale, ricade nella competenza dell’odontoiatria. Ma siccome occorre intervenire sul paziente fin dai primissimi anni di vita, ecco che entra in azione la branca dell’ortagnatodonzia infantile.

È questa una specializzazione nella quale l’efficacia della terapia è strettamente connessa alla tempestività’ della diagnosi. Pertanto si consiglia la prima visita dentale verso i due anni e mezzo o, al massimo, entro il terzo anno di vita. Solo così sarà possibile ottimizzare il risultato, ridurre drasticamente i tempi di terapia e diminuire i costi. Oltre a garantire la diagnosi precoce delle malformazioni facciali, questo criterio consente di impostare un’adeguata igiene orale per la profilassi della carie dentaria, e di correggere per tempo le abitudini negative.

Le deglutizioni atipiche, il succhiamento delle dita, l’uso prolungato di “ciucci” e tettarelle dalla forma anatomica rappresentano sovente l’anticamera di guai talvolta irreversibili. Ecco il motivo per cui la moderna ortodonzia mira, ricalcando schemi messi a punto in anteprima dalla scuola di matrice svedese, a prendersi cura della salute dentaria del paziente quando ancora si trova in culla e, ancor prima, con un iter che parte da un’efficace, capillare campagna di informazione condotta sulle gestanti, già a partire dal sesto mese di gravidanza. Quanto agli esami per individuare le malformazioni facciali, ne esistono di vario tipo. Alcuni – citiamo la radiografia panoramica, poi la tele-radiografia laterale di cranio, faccia e tessuti molli e, infine, l’analisi cefalometrica – sono assai specialistici. Altri, più generici – come il controllo della respirazione, della chiusura della bocca e dell’occlusione dentale, l’analisi scheletrica, della muscolatura e della postura possono essere eseguiti, senza particolari difficoltà, anche da pediatri e medici di base. All’origine della malformazione facciale, spesso vi è un’arcata dalla forma compromessa. Riportarla a una situazione di normalità è il risultato che il trattamento ortodontico si propone. A questo scopo, si farà riferimento ad alcuni parametri fondamentali, come l’assenza di affollamento dentale, la simmetria dei diversi distretti – quello anteriore e i due laterali – e una configurazione armoniosa dell’insieme. Con riguardo ai rimedi impiegati in dentatura decidua, alle apparecchiature mobili vengono di solito preferite le fisse. Se correttamente utilizzati, i mantenitori di spazio offrono significativi vantaggi. L’esercizio di forze adeguate sulle singole unita’ dentarie e il controllo tridimensionale del dente hanno il merito di ridurre i tempi di terapia. Il posizionamento di bande e di attacchi diretti sui denti decidui evita inoltre il rischio di compromissioni a carico dello smalto della dentatura permanente.

Infine, poiché l’operazione di montaggio del mezzo correttivo non è né lunga né dolorosa, il disagio che al piccolo paziente si chiede di sopportare risulta accettabile.

Quanto alle cause di alterazione della forma dell’arcata, esse risultano sostanzialmente classificabili in tre gruppi fondamentali. Nel primo, troviamo quei difetti congeniti che, provocando un “conflitto territoriale” tra lo spazio necessario e quello disponibile, impediscono un corretto allineamento dentale e producono danni che si manifestano o per eccesso o per difetto. La conseguenza sara’ o un affollamento dei denti che tenderanno a crescere storti e accavallati, (fenomeno noto col nome di malocclusione), oppure l’insorgenza di diastemi più’ o meno ampi e, qualora si tratti di agenesia, addirittura di selle edentule. Il secondo gruppo di malformazioni si configura invece con una diminuzione di spazio, determinata dall’estrazione di uno o

più’ denti decidui, o imputabile alla perdita di essi per effetto delle carie dentali. L’esempio tipico e’ quello dell’avulsione di uno dei due molari decidui. In questo caso il primo molare permanente scivolerà in avanti e occuperà’ uno spazio non suo, col duplice risultato di ridurre la lunghezza dell’arcata e deformarne la struttura anatomica. Un inconveniente di una certa gravità, arginabile tuttavia grazie all’impiego dei mantenitori di spazio. All’ultimo posto incontriamo infine le abitudini viziate, l’appiattimento del distretto anteriore inferiore, prodotto per effetto del mordicchiamento del labbro inferiore o la classica forma a V dell’arcata superiore nei soggetti definiti “respiratori orali”. È questa una categoria che merita una piccola divagazione. I bambini che respirano con la bocca, immettendo il 20% di aria in meno, oltre a soffrire di adenoidi e a presentare una “facies” adenoeidea, spesso mostrano un’ipoplasia di tutta la zona del torace. In questi pazienti il blocco auxologico che si riflette sulla crescita del bambino di oggi provocherà’ – a meno che non venga prontamente rimosso – apnee notturne e una noiosa sfilza di disturbi di natura cardio-circolatoria nell’adulto di domani.

Occorre aggiungere che la malformazione facciale può essere causata da un anomalo rapporto delle basi ossee nei tre piani dello spazio all’interno della cavità orale. Le abitudini viziate contribuiscono ad accentuare tale deviazione dalla norma. Ma, in realta’, la crescita alterata della dentatura è provocata più che altro da fattori di ordine genetico-ereditario. E si estrinseca in tre direzioni: in senso antero-posteriore, trasversale o verticale. Nella prima eventualità si interviene con l’obiettivo di influire sui rapporti di II classe (protrusione del mascellare o retrusione della mandibola) e di III classe (morso inverso, caratterizzato o da ipoplasia del mascellare o da iperplasia della mandibola).

Grossi risultati si ottengono sia mediante trazioni extra-orali – i cosiddetti “baffi” – sia mediante apparecchiature tipo la maschera di “Delaire”, che infine con attivatori mobili. Nel secondo caso – quello di palato-ogivale o di morso incrociato – si interverrà’ invece sulle contrazioni mono o bilaterali localizzate al mascellare superiore. Il rimedio e’ qui rappresentato da espansori fissi ad azione rapida o da espansori fissi ad azione lenta. Questi ultimi sono noti col nome di Quad Elix e garantiscono – mediante espansione del palato – il ripristino dei diametri trasversi. Nella terza ipotesi – in presenza cioè di problemi di verticalità – la terapia punterà a un duplice scopo: da un lato, alla correzione del morso aperto, quello in cui i denti non combaciano; dall’altro, al controllo del morso coperto o profondo. Queste due ipotesi si verificano rispettivamente quando il mascellare e la mandibola sono o troppo distanti o troppo ravvicinati tra loro. Anche nella maggior parte di tali eventi è l’utilizzo di apparecchiature fisse in dentatura decidua a garantire risultati confortanti e talvolta sorprendenti. E ciò perché sui denti da latte si possono esercitare forze di tipo ortopedico tali da influenzare le basi ossee e la direzione di crescita.

Un discorso a parte meritano i pazienti affetti da labiopalatoschisi. Oltre a gravi problemi dentali, con agenesie, iposviluppo, alterazioni della forma e delle dimensioni delle unità dentali, essi presentano anche pesanti anomalie basali, con notevole riduzione del mascellare superiore, associata o meno a ipersviluppo dell’inferiore. A questo quadro si abbina un’estetica drammatica, una funzione masticatoria compromessa e una fonetica pessima. È in tali casi che la necessita’ di una stretta collaborazione tra chirurgo maxillo-facciale e ortodontista è imperativa. L’uso precoce di apparecchiature fisse consentirà poi di ricostituire la forma delle arcate dentali. Agendo anche sulle strutture basali di supporto, si otterrà di facilitare l’inserimento in arcata di quei denti – come i laterali, se presenti, e i canini – sovente mal disposti e non correttamente orientati nella struttura mascellare.

Se è sempre auspicabile che l’ortodontista o il pedodontista si muovano in un’ottica interdisciplinare, e in particolar modo davanti a situazioni cliniche così complesse che la cooperazione a stretto contatto con altri specialisti si impone in modo assoluto.


Lidia Sella, giornalista, scrittrice, aforista, poeta. Ha pubblicato sette libri. Due con il Gruppo Rizzoli: Amore come, Sonzogno, 1999; La roulette dell’Amore, Bur, 2000. E tre sillogi, con La Vita Felice: La figlia di Ar – Appunti interiori (2011); Eros, il dio lontano – Visioni sull’Amore in Occidente (2012); Strano virus il pensiero (2016). Nel 2019 ha dato alle stampe Pensieri superstiti con Puntoacapo Editrice. Nel 2020 è uscita con Pallottole, contro la dittatura dell’Uno OAKS Editrice.