Affaritaliani.it, 14 marzo 2021


Economia, cultura e socialità: un attacco sferrato su più fronti. Se non reagiremo, nulla si salverà

Di Lidia Sella

L’Italia non è nata nel 1861, con la proclamazione del Regno Unito. Ma molto prima. A fondarla fu Dante, sulle solide fondamenta di una lingua nobilissima. Con l’Umanesimo, e soprattutto con il Rinascimento, il nostro Paese ha poi raggiunto la piena maturità. Un’eccellenza creativa riconfermata nel tempo. E ancora oggi la nazione italiana rappresenta pur sempre un faro di cultura. La penisola italica ha una superficie di circa 300 mila chilometri quadri, un territorio dunque 80 volte meno esteso dell’Africa subsahariana. Eppure, qui da noi, si registra la più elevata concentrazione di intelligenza. Abbiamo primeggiato in ogni campo del sapere. E se gli Italiani hanno realizzato capolavori immortali è anche in virtù di un patrimonio cromosomico formidabile, che si esprime in un ingegno acuto, nella vocazione alla bellezza, all’armonia, al gusto, all’eleganza, che si tratti – in egual misura – di idee parole numeri suoni forme volumi colori o sapori.

I signori delle banche hanno tuttavia decretato la nostra eliminazione. Il genio italiano, evidentemente, è incompatibile con gli asettici diktat dell’omologazione globale.

I poteri forti hanno ideato un piano articolato in più fasi. Hanno prima costruito la trappola dell’Unione Europea, istituito una monomoneta, sgretolato le sovranità nazionali, messo a ferro e fuoco  Mediterraneo e Vicino Oriente, riversato sul Vecchio Continente milioni di profughi da accogliere e mantenere, finanziato un’immigrazione clandestina selvaggia. E ora, grazie a questa epidemia mascherata da pandemia, ci soffocano nel cappio del “Great Reset”. Azzerano cioé economia, società, identità e impongono debiti mostruosi che, ai nostri figli e nipoti, costeranno lacrime e sangue. Con sadica ironia, il Recovery Found è stato in effetti dedicato alla “Next generation Eu”: Sinceri, insomma, almeno in questo.

I burattinai del Nuovo Ordine Mondiale, anziché sganciare ordigni nucleari, questa volta si sono affidati alla guerra batteriologica, alle arti divinatorie di comitati scientifici prezzolati e all’intervento del deus ex machina Mario Draghi. A scuola dai gesuiti, una carriera ai vertici in Goldman Sachs, Banca Mondiale, Banca Centrale Europea, Bankitalia, coinvolto nelle oscure vicende del crack Monte dei Paschi di Siena, giocoliere dello spread, esperto in politiche di austerity, campione di privatizzazioni e svendita del patrimonio industriale pubblico (Telecom, Enel, Eni, Iri, etc.), e adesso consulente della “Corporation Italy”: il classico lupo camuffato da agnello, pronto a spolpare anche l’ultimo brandello della nostra povera Italia.

Il ministro Speranza che, in ragione di una catastrofica gestione della Sanità, condotta in ossequio ai protocolli criminali dettati dall’OMS, ha sulla coscienza migliaia di morti, è stato addirittura premiato con un secondo incarico.

A dirigere il teatrino della finta opposizione, la Meloni, docile affiliata alla loggia dell’Aspen Institute. Nessuna discontinuità, quindi, rispetto al passato: i politici, al soldo dei potenti, continueranno a tradire il popolo italiano.

In Italia, il 92% del Pil è fornito da piccole e medie imprese, che impiegano l’82% della popolazione attiva. Questo è il cuore della nostra economia. E infatti è stato bombardato in maniera chirurgica. Il recente dietrofront per la riapertura degli impianti di risalita lo testimonia.

Noi Italiani assistiamo impotenti, e imbelli, allo sfacelo. La situazione è drammatica: un incremento del debito pubblico di 160 miliardi, – 12% alla voce export, disoccupazione in aumento (11% entro fine 2021), crollo del Pil del 9,2%. Per gli assassini dell’Italia non si tratta di una sorpresa. Ma di traguardi raggiunti. I despoti del World Economic Forum perseguono obiettivi precisi: decrescita felice, quarta rivoluzione industriale, transumanesimo, patentini vaccinali, forti restrizioni alla libertà personale e sorveglianza di massa. Gli oligarchi cosmopoliti, affetti da deliri di onnipotenza, aspirano a trasformare la Terra in un “Nuovo giardino”, popolato da uno o al massimo due miliardi di schiavi. La popolazione in eccesso andrebbe sfoltita, così da garantire, ai discendenti degli eletti, risorse idriche e nutritive sufficienti.

Per indebolirci ulteriormente, i vampiri del mondialismo succhiano il nostro sangue, quello delle tradizioni. Altrimenti non si spiegherebbero le reiterate aggressioni, da un anno a questa parte, contro socialità, cultura e spiritualità.

Il teatro romano, di matrice etrusca, era un mix di farsa, mimo, parodia, canti e danze, con accompagnamento musicale. In seguito arrivarono le commedie di Plauto e Terenzio, le opere di Seneca, le tragedie di Ennio, Andronico, Pacuvio e altri. Il sipario e il velario, tendaggio per riparare gli spettatori dal sole, furono inventati dai Romani. Analogamente, ai latini, va attribuita la paternità della satira.

Nel XXVII secolo Monteverdi concepì il melodramma. I violìni nacquero in Italia. Mozart usò l’italiano di Da Ponte per tre sue opere: “Don Giovanni”, “Nozze di Figaro” e “Così fan tutte”. Sino a fine Ottocento, in tutto il mondo, per definire le dinamiche musicali, ci si è avvalsi di termini italiani.

La musica e il teatro scorrono nelle nostre vene da millenni. Fungono da collante sociale, poiché ci si commuove, emoziona e sorride insieme. Ciascun popolo si identifica nelle proprie forme d’arte, quasi una cifra impressa sulle maglie dello spaziotempo. L’arte è strumento catartico, riflette un immaginario collettivo, veicola valori etici, suggerisce visioni estetiche. E l’empatia si appanna, dietro a uno schermo. “La digitalizzazione è anestesia”, ha scritto il filosofo coreano Byung- Chul, Han.

Il pubblico in presenza influisce, nel bene o nel male, sull’esito dello spettacolo. La musica dal vivo, in una sala da concerto gremita, induce una comunione che trascende l’individuo. Del resto la vita dell’Homo Sapiens si è sempre svolta all’insegna della condivisione. Non solo nelle parentesi di svago, nella occasioni gioiose, ma anche nel dolore, nella malattia. E dinanzi alla morte. Una peculiarità che i demoni della demoplutocrazia tentano di scardinare, e sovvertire. Il divieto di accudire i nostri cari ricoverati in ospedale, una barbarie che grida vendetta al cielo, lo conferma.

Stupisce che, sull’argomento, la Chiesa non abbia pronunciato una sola parola di condanna. Che fine ha fatto la misericordia cristiana? Esiliare i sentimenti dal raggio dell’esistenza equivale a sopprimere la nostra essenza più sacra. L’essere umano cresce, e matura, attraverso la sofferenza. Immersi un una realtà artificiale, abbiamo perso il contatto con il profondo. Il distanziamento sociale acuisce la solitudine, uccide la dedizione all’altro. Gli affetti sono viceversa la miglior cura contro il mal di vivere.

Non siamo solo corpi. Una psiche sana non può che inorridire di fronte alle misure da dittatura che siamo costretti a subire. Ormai viviamo come se fossimo già morti. Invece è giunto il momento di uscire dai nostri loculi. E difendere dai barbari l’immenso patrimonio della nostra civiltà. A chiedercelo sono Petrarca Leopardi D’Annunzio, Verdi Machiavelli Caravaggio, Michelangelo Leonardo Galileo. Noi dobbiamo risorgere. Subito. Per evitare che loro si rivoltino nelle tombe. Disgustati dalla nostra ignavia e viltà.


Lidia Sella, giornalista, scrittrice, aforista, poeta. Ha pubblicato sette libri. Due con il Gruppo Rizzoli: Amore come, Sonzogno, 1999; La roulette dell’Amore, Bur, 2000. E tre sillogi, con La Vita Felice: La figlia di Ar – Appunti interiori (2011); Eros, il dio lontano – Visioni sull’Amore in Occidente (2012); Strano virus il pensiero (2016). Nel 2019 ha dato alle stampe Pensieri superstiti con Puntoacapo Editrice. Nel 2020 è uscita con Pallottole, contro la dittatura dell’Uno OAKS Editrice.