L’aforisma è il regno della brevità: talvolta l’ espressione di ciò che si ritiene essere il distillato di una pacata riflessione protratta nel tempo, talaltra l’emersione da un gorgo ampio e tumultuoso di pensieri, alla ricerca di aria per non affogare. Raccolti insieme, gli aforismi possono interconnettersi per assonanze concettuali o per dissonanze, quando si fronteggiano per contrasto. La mutua vicinanza sulla pagina e il raggrupparsi tematico possono allora essere veicolo di ulteriori richiami e significati. E questa consapevolezza – ritengo – ciò che ha spinto Lidia Sella a suddividere in sezioni gli aforismi del suo Pensieri Superstiti (puntoacapo, marzo 2020). la cui scrittura è attraversata e parzialmente emerge dalla fascinazione per il discorso scientifico intitolando ciascuna sezione con ciò che è, o meglio, i propone di essere il retroterra da cui gli aforismi pertinenti provengono e su cui ritornano ad affacciarsi.
Se si guarda a ogni sezione come a una poesia, ciò che sembra emergere è una poetica dello stupore che tende ad essere anche una poetica del silenzio, quest’ultimo inteso come tempo sospeso, ambito della riflessione, ricerca di voce interiore. In ciascuna sezione c’è un’ apparente lontananza concettuale tra le porzioni che la compongono ( ciascuna un aforisma); c’è anche una lontananza tipografica: la scelta di pronunciata scansione tra gli aforismi è., come elemento visivo, di per sè stessa invito a ricercare il tempo della riflessione.
La poesia – lo sappiamo – è anche materia di ritmo, di musica, cioè di suono esteriore (perché vocale) e interiore. Il aeder era canzone ( composizione per voce solista e pianoforte) ma era anche poesia, così l’Accademia Svedese ha considerato poesia e ha premiato i testi delle canzoni di Dylan; la tradizione francese e quella russa intendono la poesia come ”magia della musica”, che nella Achmatova e in Brodskij emero-e anche da quella che fu la loro scelta di rivolgersi a strutture metriche classiche. «Quando ero giovane – diceva lo i Brodskij ad Anne-Maria Brumm, durante un’intervista inclusa nella raccolta in Conversazioni (Adelphi, 2015) – più giovane intendo, la mia poesia, be’, la mia poesia, i miei versi, diciamo, erano molto ”sonori”. usavo parecchia strumentazione. C’erano molti suoni. Semplicemente, dal punto di vista fonetico era una poesia molto bella, o meglio, mi sembrava che lo fosse. (ride) Ma adesso ha un suono più impersonale. Direi che è (pausa) meno emozionante [ … ] quando scrivo preferisco ricordare. n personaggio delle mie poesie è un personaggio che preferisce
ricordare piuttosto che fare previsioni». Suono e silenzio partecipano entrambi della musica; John Cage provocò con il suo 4’33” di silenzio in cui il pianista rimane immoto davanti allo strumento, silenzio che emerge da un surplus di suoni. Co ì Lidia Sella tende – se così i può dire – a un silenzio attonito in tutte le sezioni del uo libro – quelle sezioni che, per analogia visiva, potremmo considerare come stanze arredate dagli aforismi, qt1ali mobili diversi ma complementari – e questo con l’eccezione di Parola [p. 53], dove l’onomatopea rimbalza gioiosa e vi è un fluire verbale che rifiuta la stringatezza inseguendo il gorgheggio.
Ho già citato lo stupore che appare nella scrittura di Lidia Sella; è stupore per la struttura del mondo, o meglio, devo dire, per la nostra percezione interpretativa della struttura del mondo, e quello – lo stupore, intendo – la porta alla fascinazione per il discorso scientifico. La percezione di quel discorso è, però, velata perché non emerge dall’esercizio diretto, dalla prassi ad esso associata; è mediata dal racconto altrui e quindi porta con sé la soggezione che la mediazione comporta. La fascinazione per la scienza – in particolare per la cosmologia e la biologia molecolare – è per Lidia Sella il ceppo attorno al quale intessere quesiti esistenziali. L’influenza di questa attrazione sulla propria scrittura appare in sezioni ( o stanze) quali Teorie [p. 7 4], Fenomeni [p. 36], Zero [p. 77], Infiniti [p. 43], Definizioni [p. 24]. In quest’ultima sezione, l’autrice scrive «Buchi neri: il brivido del non essere». D’altra parte, però, se si identifica il ”non essere”, vuol dire che esso è. Con Wittgenstein, del ”non essere” in senso cosmologico e ontologico si dovrebbe tacere perché non si può parlare… se non forse solo per sottrazione – per un aspetto analogo si veda anche Emozioni [p. 30], nella proposizione finale. Ed è proprio Emozioni che introduce un altro fattore che motiva e sorregge Pensieri Superstiti: un senso intimo di malinconia, quello delle emozioni del proprio vissuto. Non è sorprendente questa traccia in chiunque scriva: siamo impastati di memo1ia e ciascuno cri.ve attraverso il sé di qui e ora, e attraverso il proprio vis u to da cui quel sé emerge. La nostra memoria, però, è selettiva ed evanescente; è influenzata e – di converso – influenza il nostro sentimento del tempo. Ed è proprio questo sentimento che pervade quasi in maniera prepotente Pensieri Superstiti, che l’autrice stessa sostiene di considerare «una zattera sui flutti del tempo», come scrive in Immagini [p. 41]. Della caducità che al tempo s’accompagna vi è una consapevolezza qua i doloro a. La ‘”‘i vede in Fiume [p. 38], in Incontri [p. 42], in Infiniti [p. 43], in Ricette [p. 61 ], in Viaggio [p. 76]. L’autrice considera il tempo uno ”schiacciasassi”, come scrive in Metamorfo i [p. 49], che porta (lo si vede in Ricette [p. 61 ]) al «mostruoso disfacimento del proprio corpo». All’ abbraccio del tempo oppone il desiderio di lasciare una traccia ( Profezie [p. 5 7]) che non lasci trasportare dal caos e dal caso, in essi annegando.
«Figlio del caos I il caso della vita». scrive a p. 27 in contrapposizione al titolo della sezione: Destini. Quando parliamo di caos, dovremmo ricordare che esso riguarda i ‘”‘istemi dinamici; ha radici deterministiche; è associato alla sensibilità delle equazioni differenziali all condizioni iniziali – instabilità tlì.Itturale nel senso di Poincaré – qt1,-,Jl’in tabilità che suggerì a Ed,\-ar Lorenz, impegnato in modelli 1nat matici dell’andamento meteoi–ol co, di scegliere per una sua renza del 1979 il titolo evo a ·”Può, il batter d’ali di una farfi._._._.. in Brasile, provocare un torna ….. ,._, Texas?” per rendere in mani ….. gurativa il fenomeno di in tal, ___, che arginava la possibilità di 1• dere l’andamento atmosferi tempi lunghi, tramite il mocl H cui discuteva. Perché il cao … ,-.= fichi, inoltre, un sistema clina, deve essere tale che le traiett ri
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pas are del tempo e iano den in quello spazio, nel senso che si pos,a andare ”vicino” a qualsiasi stato. Del caso bisogna dire cosa innanzitutto s’intenda per esso. lstinti,Ta-